Per secoli è stato il vino più popolare dell’immaginario collettivo partenopeo. Il vino da raccontare e da bere sia nelle mense ricche che plebee. Tanto che lo cita Totò in Miseria e Nobiltà e ben prima del grande comico era stato già descritto da storici dell’antica Roma del calibro di Tacito e Columella. Ma chi ha sdoganato il Gragnano, elevandolo al rango di vino nazionale, è stato il giornalista, poeta e scrittore Mario Soldati, pioniere del giornalismo enogastronomico e profondo conoscitore delle eccellenze del bel Paese. Il compianto Soldati nei suoi servizi giornalistici, anche televisivi, ha saputo raccontare, in anteprima, un Italia che solo dopo mezzo secolo sarebbe stata apprezzata nel mondo intero per i suoi prodotti tipici, per la sua cucina e per i suoi vini. E’ così che inizia l’avventura del Gragnano e del Lettere che oggi hanno conquistato il marchio di tutela Doc Penidsola Sorrentina e sono proposti nei migliori ristoranti campani ed italiani. Allora Soldati li descrive come figli di un agricoltura povera e frammentata in tanti piccoli vigneti a conduzione familiare che con il duro lavoro riusciva a produrre un vino che così descriveva: “profumo vinoso e campestre; frizzantino, e quando giovane addirittura spumoso di una spuma che calava subito e subito spariva per sempre; pastoso, denso ma allo stesso tempo scivoloso: come un lambrusco di più corpo, come un barbera di meno corpo”. Insomma un bel complimento se si pensa al paragone con i due vini più diffusi e popolari d’Italia. Ma il cammino del Gragnano da allora è stato costellato di successi, tra cui quello conquistato dal vino prodotto da Mariano Sabatino, che nel 2023, ha ricevuto la Medaglia D’Argento al Concorso Mondiale di Bruxelles, dedicato ai vini frizzanti. E dopo il suo Gragnano è stato protagonista di una degustazione alla Camera dei Deputati a Roma. Del resto la Cantina Mariano Sabatino conta tre generazioni di vignaioli al servizio del Gragnano. Il nonno ha iniziato, negli anni settanta, con una modesta cantina mentre la nonna gestiva l’osteria di famiglia. Poi è arrivato il papa Giuseppe ed infine, da oltre un decennio, la gestione in prima persona di Mariano che sin da bambino ha frequentato la cantina in tutti i suoi aspetti. Ed oggi la Cantina coinvolge la quarta generazione con Marika, figlia di Mariano ed enologa impegnata in questi giorni con tutta la famiglia per la vendemmia 2024. Infatti è iniziata la raccolta delle uve di Piedirosso, Sciascinoso, Aglainico e altre varietà autoctone che dopo la pigiatura restano in autoclavi dove viene indotta la seconda fermentazione. Dopo settanta giorni circa e passaggi al filtro il Gragnano è pronto per essere imbottigliato e bevuto dopo una quindicina di giorni. Un vino che dai racconti di Tacito e la riscoperta di Mario Soldato è arrivato ai giorni nostri con lo stesso carattere e lo stesso spirito brioso che sa esaltare i tanti piatti della gustosa cucina partenopea.