Un formato di pasta che ha fatto epoca. Anzi ha fatto la storia della gastronomia costiera e campana. Gli scialatielli a distanza di oltre 40anni dalla loro creazione sono ancora in bella mostra nei menù dei ristoranti della nostra regione e di tanti locali sparsi in Italia. E’ovvio che gli scialatielli più diffusi e consumati sono quelli composti di solo acqua e farina; mentre la ricetta originale prevede anche le uova, il formaggio, il latte e l’olio. Un impasto ricco e succulento che sembra fatto apposta per esorcizzare il fantasma della fame. Quella vera della povertà del dopoguerra che affliggeva milioni di italiani, soprattutto al sud. C’è, infatti, un filo invisibile che collega l’opulenza dell’impasto e l’infanzia dello chef Enrico Cosentino, il creatore del famosa pasta. Quando nel 1976 al giovane Cosentino che lavorava e insegnava cucina a San Giovanni in Fiore, Calabria, gli venne l’idea di fare una pasta artigianale dalla forma diversa rispetto alle solite, forse inconsciamente, voleva riscattare un infanzia di stenti e duro lavoro che lo aveva visto a soli dieci anni sfruttato nella cucina di un ristorante della sua Amalfi in cambio di un pasto giornaliero. Lo chef nato nel 1948 da Cosentino Alfonso e Vincenza Gaeta fu mandato a lavorare molto presto perche a casa non c’era pane per tutti e proprio il cibo è diventato il cimento che lo ha portato agli onori della cronaca e nell’olimpo degli chef. Perché dagli scialatielli in poi per lo chef è stato un susseguirsi di successi e di record. E’ stato infatti il primo consulente di cucina che la nostra regione conosca e negli anni ottanta era chiamato al capezzale di ristoranti moribondi, di ristoranti che volevano migliorare o ambire a riconoscimenti stellati di guide del settore. Allora, senza la cornice mediatica, affrontava ristoranti “da incubo” cambiandogli il destino. La fama di consulente, poi, lo ha portato in giro per l’Italia facendogli abbandonare completamente il lavoro di dipendente. Ma i successi non arrivano mai per caso ed un giovanissimo Cosentino se li è cercato studiando da privatista fino ad arrivare ad essere docente di cucina all’Alberghiero. “Ho comprato il mio primo libro di cucina negli anni ’60 di nascosto, perché allora leggere per imparare era come ammettere la propria ignoranza ai fornelli. Perché contava solo l’apprendistato pratico” racconta con emozione Cosentino, sottolineando l’importanza della conoscenza e della cultura che lo ha portato ad essere, anche, un esperto, per conto dell’Accademia della Cucina, della cucina storica e conventuale con studi specifici sugli ‘Ndunderi di Minori, una sorta di avo degli gnocchi che risalgono al 3 secolo D.C.. Ma sul piano pratico, nel senso della passione a stare ai fornelli, la svolta della vita arriva nel ‘78 con l’esperienza al ristorante La Caravella di Amalfi.Un vero tempio della gastronomia che ha ricevuto, primo ristorante al Sud, la stella Michelin già negli anni ’50. Li con Angelo Di Pino, personaggio di grande umanità, impara ad amare questo lavoro e li proporrà per la prima volta in costiera gli scialatielli. Ma allo chef l’esperienza non basta mai. E così parte per un tour europeo che lo riporterà in Italia ancora più appassionato del suo lavoro. Il resto è storia di questi anni con le tante medaglie e trofei vinti in gare internazionali ed alle Olimpiadi della cucina con la sua squadra di fuoriclasse che tiene a citare: Antonio Tecchia, Vittorio Palladino, Federico Cipolla Aniello Sorrentino, Pasquale Savarese, Eugenio Cuomo e Michele Deleo. Come ci tiene a ricordare il compianto fratello Antonio che per decenni è stato il suo braccio per mettere in pratica ricette e piatti nuovi. Insieme hanno formato una coppia esplosiva che ha fatto parlare di se per decenni ed entrambi hanno lasciato un segno nella storia.