Tempo di zuppe e di piatti caldi. Pietanze fumanti che si addicono al clima autunnale, sopratutto quelle con i legumi. Pietanze che per secoli hanno rappresentato l’unico apporto energetico al duro lavoro fisico che, senza la tecnologia, l’uomo era costretto a sopportare. Con la vita comoda anche i piatti sono cambiati. Un tempo l’arrivo di questi pietanze ci avvisava che dopo il lungo periodo di preparazione (semina, raccolta ed essiccamento) finalmente i legumi (ceci, fagioli, cicerchie e lenticchia) erano pronti per essere consumati per tutto l’inverno. Ritmi e attese di altre epoche, lontane anni luce da internet, dai fast food, dall’industria agroalimentare multinazionale. Tra i legumi, sicuramente, i meno conosciuti sono le cicerchie. Un legume che sta rivivendo una seconda giovinezza grazie al lavoro di ricerca, tutela e promozione dello Slow Food in molte zone del sud. Cicerchia è il nome comune di un legume antico nato in Asia, ma il suo nome scientifico è Lathyrus sativus, anche se è nota come pisello d’India o pisello d’erba. Le cicerchie coltivate in Italia, con particolare attenzione alla produzione che avviene in Puglia, in Umbria, nel Lazio, nelle Marche, in Molise e Campania, hanno ottenuto il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale italiano da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Oggi è un alimento piuttosto raro al di fuori delle regioni che la conservano per tradizione. Ma ha fatto a lungo parte della classica alimentazione contadina italiana. La cicerchia è uno dei legumi più antichi e più consumati dai nostri antenati. Sono state rinvenute tracce nei territori dell’ex Mesopotamia con datazione risalente a più di 8000 anni fa. E’ un legume particolare che può essere consumato di tanto in tanto senza problemi, in qualsiasi stagione. Le cicerchie, come gli altri legumi, contengono vitamine del gruppo B, proteine, sali minerali, fibre, polifenoli e sono una fonte di calcio e fosforo. Nella ricetta di Maria Aprea le cicerchie sposano il mare e si trasformano da zuppa popolare in un intrigante piatto dal gusto deciso. Del resto la cuoca del ristorante “La Torre” di Santa Maria Annunziata, frazione di Massa Lubrense, è abituata a lavorare con prodotti dei presìdi dello Slow Food e sa dare forza e anima a piatti semplici e genuini come questa pasta mista che esalta la cicerchia. Un legume che ricorda un po il cece e un po il fagiolo e con la sua veste campagnola contamina il mare ricordandoci che anche a tavola sta arrivando l’autunno.
LA RICETTA
Pasta mista con cicerchie alla marinara
Ingredienti: 320gr. di pasta mista; 100gr. di cicerchie; 100gr. di gamberetti di nassa; 100gr. di cozze; 100gr. di vongole veraci; 1calamaro; 2triglie sfilettate; 2spicchi d’aglio; 4 foglie di mentuccia fresca; 1foglia di alloro; 1/2costa di sedano 5/6pomodorini del piennolo; 1/2bicchiere di vino bianco; olio extravergine di oliva; sale q.b
Procedimento: mettere a bagno le cicerchie il giorno prima, quindi cuocerle in abbondante acqua salata con l’alloro ed il sedano. Nel frattempo in un pentolino mettere a soffriggere l’olio con l’aglio in camicia e far aprire cozze e vongole. Sgusciarle e tenerle da parte. Tagliare il calamaro a rondelle, sgusciare i gamberetti, tagliare i filetti di triglia. In una pentola capiente soffriggere l’olio l’aglio in camicia aggiungere i calamari, metà dei gamberetti e i pomodorini del piennolo tagliati in precedenza. Sfumare con il vino, aggiungere le cicerchie e cuocere per 10minuti. Quindi aggiungere la pasta e cuocere a fuoco lento. Durante la cottura della pasta aggiungere pian piano le cozze, le vongole, ed i tocchetti di triglia. A fine cottura aggiungere la metà dei gamberetti rimasti crudi. Servire caldo con una foglia di mentuccia