I prodotti della riscossa gastronomica del Cilento

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soppressata di Gioi

Se, per la letteratura del novecento, Cristo si è fermato ad Eboli la crescita  gastronomica regionale, invece, è riuscita ad andare oltre.  Per lo meno per quanto riguarda l’importante evoluzione, della cultura del cibo, che sta interessando l’intera Campania. Oltre Eboli, nel cuore della dell’estesissima provincia di Salerno, tra i colli, i fiumi incontaminati ed il mare cristallino che ogni anno riceve i più prestigiosi riconoscimenti per la purezza dell’acqua, sta nascendo e prendendo corpo una nuova consapevolezza. Una consapevolezza che nasce dalla convinzione che il rilancio turistico del Cilento passa anche attraverso lo sviluppo di una ristorazione di qualità legata alla riscoperta dei piatti tipici e dei prodotti che, da un paio di millenni, fanno parte della dieta giornaliera della popolazione locale. 5837Una nuova generazione di chef, di operatori turistici  ma anche i vecchi gestori di ristoranti e di antiche trattorie, sempre più spesso, propongono con orgoglio la cucina del territorio. Un territorio che per lungo tempo e rimasto  fuori dai meccanismi della crescita economica e quindi ancorato all’agricoltura povera, alla pesca di tipo familiare ed alla pastorizia con pochi capi di bestiame, esclusivamente ovini e caprini. Ma proprio questo tipo di economia e stile di vita, che ha radici secolari, hanno creato un tipo di cultura

cacioricotta
cacioricotta

culinaria dalle caratteristiche particolari, a tratti unica, tanto che si può sicuramente parlare di cucina del Cilento, oltre che di patria della dieta mediterranea come descritto dallo studioso statunitense Ancel Keys. Una cucina povera ed essenziale ispirata soprattutto alla precarietà delle condizioni economiche ed al  senso di sopravvivenza degli abitanti del posto; ma di converso una cucina piena di intuizioni fantasiose che tornano utili in questo periodo di crescita gastronomica. 41-02-BIGOggi i piatti che costituivano essenzialmente l’unico pasto giornaliere del bracciante o del pescatore sono diventati, a volte rivisitati ed a volte serviti in modo tradizionale, il segreto del richiamo gastronomico per i turisti che sono alla ricerca di gusti semplici e genuini. A dare una mano alla svolta che si sta vivendo, nella terra del mitico viaggio di Ulisse, sono stati senz’altro i presidi dello Slow Food che hanno riportato all’attenzione alcuni prodotti tipici, altrimenti, avviati all’oblio o addirittura all’estinzione. E il caso, questo, delle alici di menaica che prendono il nome dal tipo di rete che si usa per pescarle. foto_carciofi_2Una rete già utilizzata dagli antichi greci e che grazie alle caratteristiche maglie larghe permette di tirare su solo le alici più grandi, che perdono più velocemente il sangue, diventando bianche e delicate. Questo tipo di pesca si fa ormai solo a Pisciotta, antico borgo di pescatori sito proprio nel cuore del litorale cilentano.

mozzarella nella mortella
mozzarella nella mortella

Altri prodotti tipici che hanno riguadagnato a pieno titolo il centro della buona tavola della zona sono: la mozzarella nelle mortelle (avvolta nelle foglie di mirto) che si produce in alcuni comuni del basso Cilento ed è presidio Slow Food; il tondo, bianco e delicato fagiolo di Controne presidio Slow Food; il cece di Cicerale; la nocciola di Giffoni Igp; la  Cacioricotta cilentana presidio Slow Food,  il formaggio di capra, il fico dottato bianco Dop del cilento; i marroni Igp di Roccadaspide  l’aragosta del golfo di Salerno che si pesca negli anfratti marini della costa che va da Palinuro a Marina di Camerota;  il carciofo di Paestum Igp; l’olio Dop extravergine del Cilento; la mozzarella di bufala delle distese di Battipaglia e Paestum ed infine la sopressata di Gioi Cilento, altro presidio Slow Food, che si produce in quantità limitata ed ha la particolarità di essere costituita solo da carni magre con un piccolo pezzo di grasso al centro.

cavatelli cilentani
cavatelli cilentani

Da questi prodotti, più quelli freschi dell’orto (fave, melanzane, zucchine, carciofi, broccoli e pomodori a grappolo) che grazie ad un particolare microclima sono disponibili per molti mesi all’anno, nascono i piatti che dalle tavole umili delle case cilentane sono passati ai ristoranti diventando il simbolo della  riscossa gastronomica.