Che sia il susci (scritto proprio così, in italiano) dello chef bistellato Moreno Cedroni di Senigallia o il crudo che si può trovare in un porto peschereccio della Puglia dove si servono cozze vive e polpi appena battuti, la tradizione italiana del pesce crudo non ha niente da invidiare a quella nipponica. Loro, i giapponesi, sono dei gran maestri della sflilettatura del pesce, che nella patria del sol levante è una vera e propria arte che prevede innumerevoli tipi di coltelli molto particolari. Ma, poi, vengono a pescare nel mediterraneo per fare razzia di tonno rosso, a riprova che la nostra materia prima, eccellente anche nel mare, fa gola al mondo intero. Questa materia prima da secoli è la fonte di sostentamento economica dei pescatori delle coste del mare nostrum; ma anche la base di una cucina marinara che si fa apprezzare a livello internazionale. E tra i tanti piatti della nostra tradizione marinara ci sono senz’altro quelli con il pesce crudo nati nelle bettole dei porti dove i pescatori consumavano l’invenduto. Poi con il progresso ed il benessere diffuso, il crudo è passato dalla polvere delle bettole per poveri agli altari dei ristoranti gourmet ed è diventato un piatto di lusso. Oggi viene consumato sotto forma di tartare e carpacci per quanto riguarda i pesci. Invece, i crostacei (soprattutto gamberi e scampi) ed i frutti di mare vengono serviti interi. E mentre la tartare è presa in prestito dalla tradizione tartara di magiare la carne cruda tagliata a dadini, il carpaccio è un invenzione tutta italiana proposta per la prima volta negli anni ’50 all’Harry’s bar di Venezia dove Arrigo Cipriani pensò di servire la carne cruda tagliata sottile come il prosciutto e poi aromatizzata con una salsa. Ed infine gli diede il nome di carpaccio in onore di Vittore Carpaccio, pittore veneziano del ‘500. E se a tutto questo aggiungiamo gli ostricari della tradizione partenopea, si completa un quadro che da l’idea di come siano radicati, nella cucina di mare, anche i piatti di crudo. Quindi è facile trovare nei menù dei ristoranti che propongono il mare a tutto tondo dei plateau di misto crudo, come succede al Cerasè di Vico Equense. Qui Michele Cuomo (nella foto con il maitre Carmine Solimene) ha impostato il suo locale su una cucina che privilegia il mare a cominciare, appunto, dal Gran Crudo che prevede: Gamberi rossi, Ostriche, Tartufi di mare, Fasolari, Vongole veraci, Tartare di ricciola e scampi, Scampi e Ricci di mare accompagnati da una fantasia di frutta esotica.