Se il commerciante vittima del “pizzo” pagava con un bonifico, poteva ricevere anche una fattura da usare per “scaricare” la “spesa”: è una “primizia” investigativa, una sorta di racket 2.0, quello emerso dall’inchiesta della Guardia di Finanza e della Squadra Mobile di Napoli che hanno arrestato 31 persone (22 in carcere e 9 agli arresti domiciliari) ritenute dalla DDA appartenenti o che comunque avrebbero favorito il clan degli Amato Pagano di Secondigliano. Una ditta compiacente, dopo avere ricevuto il bonifico, restituiva la somma in contanti al clan trattenendo per sé l’importo dell’Iva. Infine emetteva “regolare” fattura al commerciale. L’ordinanza è stata eseguita tra Napoli e Caserta dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza e la Questura di Napoli, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia partenopea. Associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, traffico di stupefacenti, aggravati dal “metodo mafioso”, questi i reati a vario titolo contestati agli indagati. Contestualmente, sono in corso, tra Campania, Molise ed Emilia Romagna, sequestri di beni immobili, società e denaro contante per un valore di oltre 25 milioni di euro.