Strazio Napoli.

Gli azzurri crollano a Bergamo dopo l'ennesima prestazione incolore.

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Atalanta Napoli è solo una conferma.

La conferma di ciò che è facile comprendere ma difficile da esplicitare chiaramente e con fermezza.
Ai partenopei, in questa tormentata stagione, manca una componente fondamentale: una qualsiasi idea di gioco.
Nel calcio si può essere ultraoffensivi, contropiedisti, amare le verticalizzazioni, valorizzare il fraseggio in mezzo al campo, sfruttare le fasce.
Ogni idea o filosofia di gioco è legittima, tranne la totale assenza di idee.
E il Napoli è reo di questo.
Colpevole di non saper cosa fare della palla, colpevole di non avere nessun centrocampista degno di questo nome, colpevole di sperare perennemente nella trovata del singolo che risolve la partita e fa tutti contenti.
Non è colpa di Gattuso, non è colpa della squadra, non è colpa di De Laurentis, non è colpa di Giuntoli, non è colpa degli infortuni.
Non è colpa di nessuno eppure è responsabilità di tutti.
E se chi è deputato a decidere stenta a farlo, peggio se per motivi di interesse economico, detiene colpevolmente la quota più consistente di questa responsabilità.
La versione sempre più credibile è che questa stagione debba essere abbandonata al suo fallimento, che non si voglia salvarla, che non convenga.
Come se questa anomala “serie A-Covid” non si fosse mai giocata.
Ma il calcio vive della passione di chi lo segue, della voglia di chi ne scrive e delle emozioni di chi lo guarda.
Chiunque ne faccia una mera valutazione aziendale non merita alcun rispetto, sopratutto in un momento storico come questo.

Commentare la sconfitta del Napoli a Bergamo ad opera di Zapata, Gosens, Muriel e Romero oggi ha meno senso.

Questa squadra è un pugile suonato che ha solo voglia che la campanella arrivi al più presto.
E seppur ciò che muove i fili fosse, tristemente, il solo fatturato, è arrivato il momento di salvare un patrimonio umano e sportivo nonché il relativo investimento.