Tempo di zuppe. Calde e fumanti si addicono al clima freddo, sopratutto quelle di legumi. Pane casereccio, magari tostato, intriso di brodo di fagioli, o di ceci o ancora di lenticchia. Piatti quasi in disuso. Pietanze che per secoli hanno rappresentato l’unico apporto energetico al duro lavoro fisico che, senza la tecnologia, l’uomo era costretto a sopportare. Con la vita comoda anche i piatti sono cambiati. Pasta, carne e pesce hanno sostituito le zuppe nel pasto principale. Un tempo l’arrivo di questi piatti ci avvisava che dopo il lungo periodo di preparazione (semina, raccolta ed essiccamento) finalmente i legumi erano pronti per essere consumati per tutto l’inverno. Ritmi e attese di altre epoche, lontane anni luce da internet, dai fast food, dall’industria agroalimetare multinazionale. I ceci, considerato cibo per poveri dagli antichi egizi e quindi destinato agli schiavi, hanno origini tutte mediterranee e si consumano da oltre duemila anni in Italia. In Campania sono rinomati quelli di Cicerale (Sa). I fagioli invece arrivano in Europa dopo la scoperta delle Americhe. Da allora sono entrati nella dieta giornaliera delle popolazioni rurali.Esistono più di 500 varietà di fagioli e nella nostra regione si distinguono quello “striato”, quello chiamato “dente morto” dell’agro acerrano, il “tondino bianco” del Vallo di Diano, quelli dall’ “occhio nero” e quello di Controne (Sa), piccolo bianchissimo e pregiato per la sua alta digeribilità. Le lenticchia, che vengono addirittura citate nella Bibbia, accompagnano l’uomo a tavola da millenni ed in Campania sono apprezzate quelle di Valle Agricola (Ce). Tutti hanno una buona capacità nutritiva, numerose vitamine e sali minerali. Una fantasiosa strada per il recupero di questi piatti destinati all’oblio, è quella intrapresa da numerosi chef che tentano di rivalutarli contaminandoli con altri prodotti. Un operazione di recupero archeo-gastronomico che potrebbe avvicinare le nuove generazioni alle gustose zuppe e rinvigorire il ricordo dei più adulti. Un idea semplicissima: sposare le zuppe contadine con il mare. Geniale ma elementare, spettacolare e ovvio al tempo stesso per una regione dove convivono due tradizioni, quella contadina e quella marinara. Allora non resta che abbinare i frutti di una terra generosa ai figli di un mare unico ed il gioco è fatto. Un gioco di sapori che vede la rana pescatrice intrisa nella zuppa di ceci o il polpo di scoglio che si adagia sulle lenticchia che possono anche ospitare una reinterpretazione del classico totani e patate o ancora l’uso di patate o scarole con il pesce. E vedere, poi, lo scampo che troneggia su una succulenta zuppa di fagioli diventa una spettacolo per occhi e palato. Un’operazione riuscita, dunque, che la dice lunga sull’uso della fantasia negli abbinamenti in cucina e su quanto essi possono far crescere la gastronomia, anche con il recupero della memoria collettiva. Nella fotogallery una serie di esempi con piatti di vari chef che hanno esaltato il gusto delle zuppe contadine grazie al sapore del mare: Polpo verace su scarole; zuppa di fagioli e sconcigli; polipetti su lenticchia, pasta e patate con astice; polpo e patate fritti; minestra e baccalà; pasta e fagioli con cozze e tortini di alici e scarole