E’ stato il sogno proibito di un intera generazione di braccianti agricoli che negli anni 50 e 60 lavoravano, alle condizioni disumane imposte dal caporalato, nelle estese campagne dell’agro nolano acerrano caratterizzando l’intera economia della zona. Alla dieta giornaliera, fatta per lo più di sostanziose zuppe di legumi, la possibilità di poter aggiungere un bel pezzo di stocco o baccalà con patate, suonava come l’alternativa regale alla misera dei pasti quotidiani. E se la carne era un opzione proibitiva, il pesce poteva essere solo povero, come le alici o le sarde. Poi c’era il baccalà che con i suoi quarto quinti, cioè le parti meno nobili (tipo le murzelle o panzelle), era l’unico pesce che poteva arrivare nelle case dei poveri braccianti. Sognare, quindi, un gran ruoto (grosso tegame circolare) di coronello di stoccafisso o di mussillo di baccalà, ossia il filetto, il meglio e più costoso delle due versioni di merluzzo nordico, era quanto di più goloso potesse esistere in quegli anni di arretratezza economica e sociale. Oggi il bracciantato lo abbiamo regalato agli immigrati e le campagne in quelle zone vanno a scomparire. E’ modificato persino il paesaggio con enormi centri commerciali che hanno rubato terreno all’agricoltura. Ma chi è attento alla storia di quel territorio ed ai gusti della propria gente riesce a far rivivere, con i suoi piatti, un epoca fatta di dure rinunce; ma anche di grandi speranze per il futuro da costruire. E’ il caso di Luigi Esposito che forte della storia di famiglia, dedita da quattro generazioni all’importazione ed alla commercializzazione di stoccafisso e baccalà, ha aperto il suo locale Bacalajuò con la consapevolezza di chi conosce bene la grande tradizione popolare che gira intorno a questi prodotti che da secoli fanno parte a pieno titolo della storia della cucina partenopea. Bacalajuò si trova proprio ad Acerra, nei pressi del castello, dove il sogno del “ruoto di stocco” continua nelle moderne forme che la cucina d’autore ci sta abituando. Ed anche Esposito con il suo chef Ronny Santoliquido propone tutta questa bella tradizione con piatti che sanno parlare il linguaggio antico e attuale allo stesso tempo. Esposito da gran conoscitore della materia prima, con l’aiuto dello chef, ha applicato la dantesca legge del contrappasso facendo dei quattro quinti l’ingrediente privilegiato di tanti piatti gourmet. Ha ribaltato la storia mettendo le parti meno nobili del baccalà nell’olimpo dei sapori da riscoprire. E’ cosi che nascono piatti come la Tartare di baccalà, il Baccalà in bianco con cruditè di cavolo rosso, le Linguine alla Don Gaetano (aglio, olio Evo, capperi, olive nere, pomodori essiccati, baccalà, sale, pepe, zeste di limone, prezzemolo e origano) ed il Baccalà mantecato con fagioli cannellini Dente di morto tipici dell’agro acerrano.