Vi ricordate quando c’era il diario e non avevamo Facebook?

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Le nostre serate finivano così : “Caro diario”.
Molti anni fa, quando i social network non avevano invaso le nostre abitudini e limitato le nostre emozioni, la nostra identità. Per generazioni, le pagine di diario hanno avuto un ruolo rilevante nella vita degli adolescenti: erano custodi di emozioni, di sentimenti, di frustrazioni, dubbi amletici, custodi di attimi che, attraverso la scrittura, diventavano memoria dall’odore di inchiostro. Il caro vecchio diario con il lucchetto, il nostro amato “diario segreto”, il depositario intimo e sicuro dei pensieri, quando le riflessioni, le emozioni avevano un valore inestimabile, quando era severamente vietato “denudare” la propria anima, quando i disagi e i primi amori erano segreti da tutelare senza alcuna ostentazione.La chiave – ben nascosta – dava accesso a un mondo che custodivamo gelosamente, un altrove in cui soffermarsi e affidare la nostra parte più vera. Tra sogni e poesie, le pagine bianche erano impreziosite da parole. Perché a salvarci, molto spesso erano le parole. Un miscuglio disordinato di emozioni, un percorso che raccontava l’evoluzione del nostro cambiamento. Inevitabile e a volte necessario. Perché la scrittura diventa lo strumento adatto per purificarsi e cambiare pelle.

Ed oggi? Oggi cosa accade quando i nostri segreti diventano pubblici e quindi non sono più segreti? Cosa accade quando è tutto così fragile, da rompersi con qualche commento inopportuno?

E se il progresso non fosse così un giovamento? Sarebbe più facile tornare al nostro vecchio diario ed evitare di sentirsi così, sempre profondamente violati