Oggi vi racconto cosa pensa mia nonna dei brutti voti a scuola.
Di quanto possa essere distruttivo talvolta e non educativo.
Uno spunto di riflessione, per gli insegnanti, attraverso un dialogo semplice tra nonna e nipote.
“mary a nonna che stai facendo? Aiutami a piegare sti panni”
“Aspe, devo buttare sto scatolone del liceo, ha detto mamma.”
Lo apro e trovo l’esercitazione di un compito di italiano del ginnasio.
Voto 5
“Nonna sto cinque me lo ricordo. Italiano era la mia materia preferita. Ho pianto per giorni, non volevo più andare a scuola”
“Per un brutto voto? E perché tu sei un voto? A scuola si va per imparare, non per prendere il voto più alto. Nella vita non vali per il voto, ma per ciò che impari. E poi Bell ra nonn, o vot o mett a maestr e a maestr po pur sbaglià. A’ vita, sul a’ vit, ti dirà quanto vali”.
Ripongo il compito nello scatolone, chiudo e butto insieme a quei quaderni, anche la sensazione di sconfitta che mi ha accompagnata per anni, insieme alla paura di valere poco. Perché è questo che succede quando gli insegnanti non capiscono il potere di un brutto voto.
“marì Bell ra nonn. Quello che conta non è risultato, ma la strada che hai fatto per arrivarci. È quella che conta.” E continua a piegare i panni da sola, commuovendosi. Pensando forse al suo difficile percorso, in cui di brutti voti ne ha presi tanti e non si è mai arresa. Se ci pensate, si può insegnare ad essere uomini migliori anche piegando i panni, senza la necessità di una cattedra e una lavagna.
La verità è che tiene sempre la ragione lei.
” A maestra po’ sbaglià”, sarà la vita e la strada che percorriamo per viverla, a dirci chi siamo.
È questo che dovremmo insegnare ai ragazzini, e forse anche e soprattutto agli insegnanti.