I piatti che hanno fatto grande la cucina italiana sono tutti di origine popolare. Sono figli della fame e della necessità. Poi con il tempo ed il benessere diffuso si sono arricchiti, trasformati e sono stati anche rivisitati dalla fantasia degli chef. Tanto che alcune volte sono diventati addirittura gourmet, grazie a personali e azzeccate interpretazioni. Ma la loro natura, l’essenza del loro sapore e del loro profumo, resta profondamente popolare. In tutti i sensi. Perché derivano dalla tradizione che coinvolge la maggior parte della popolazione. Perché fanno parte della cultura comune e condivisa. Perché affondano le radici nella cucina povera. E perché in tempi di crisi economica diventano uno degli alimenti principali. Basti pensare all’aumento del consumo della pasta registrato negli ultimi anni in Italia. Stiamo parlando, ovviamente, di pastasciutta, di primi piatti che hanno anche la caratteristica di essere pietanze veloci. Cioè preparati in gran fretta con i pochi ingredienti presenti quasi sempre nelle case. Preparati con quello che si ha in frigo o in dispensa anche se non si è fatta la spesa. Pasta, olio, qualche barattolo di pelati di pomodori, uova, origano, pepe o peperoncino, capperi, olive, acciughe e pane raffermo non mancano quasi mai. E assemblati come tradizione comanda si trasformano in succulenti piatti che i detti popolari indicano come pietanze che possono andare anche davanti a sua maestà il re. Alcuni, poi, hanno preso il nome di chi oberato di lavoro si preparava velocemente un primo fumante. E’ così che nascono lo “scarpariello” (ciabattino), alla “carrettiera” o alla “puttanesca”. Ma il re dei re rimane lo “spaghetto aglio, olio e peperoncino” che ad ogni latitudine del bel Paese è il simbolo del piatto d’emergenza. Anche se ultimamente non è raro trovarlo nei menù di ristoranti blasonati che ne propongono invitanti e costose rivisitazioni. Anche nei locali che hanno una consolidato menù di successo si trova sempre qualche versione di uno di questi piatti che spesso diventa uno dei più richiesti. Come succede a La Torre di Massa Lubrense, un ristorante che da oltre un ventennio si distingue grazie alla buona cucina interamente dedicata al territorio e grazie alla professionalità della famiglia Mazzola, ad iniziare da Tonino, conosciuto come “One Fire”, e continuando con la moglie, la chef Maria Apreda e le figlie Amelia e Alessia che governano la sala. Qui nel borgo di Santa Maria Annunziata, uno dei luoghi più incantevoli della costiera, si cena sotto la luna di Capri e con i piatti che si rifanno quasi interamente alla tradizione marinara e mediterranea con il pescato fresco ed i prodotti degli orti collinari della zona. Anche il piatto che è andato per la maggiore quest’estate a La Torre ha a che fare con quelli che arrivano dal passato popolare della nostra storia gastronomica: Spaghetti con acciughe, capperi, pomodorini e basilico. Una bontà che racconta dell’anima antica e semplice della cucina diretta dalla chef Apreda e delle scelte che ha saputo fare Tonino “one fire”. Scelte che mettono insieme che da anni mette insieme gusto e tradizione.