Viaggio nel vino tra tradizione, mito, religione e gastronomia

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Ritorna la vendemmia con tutto il suo carico di storia e cultura. 

“Questo è il mio sangue, prendete e bevetene tutti” dice il Dio dei cristiani nell’ultima cena. Prima di morire. Come se quel semplice vino avesse qualcosa di sacro. Forse il sacro fuoco che serve a riscaldare i cuori nei momenti tristi, come quelli degli ultimi addii. Ma nell’intenzione del Cristo è l’invito a suggellare una nuova alleanza tra uomini e Dio attraverso il suo sacrificio, il suo sangue. Comunque, quella cattolica non è la prima religione ad aver sdoganato il succo d’uva come qualcosa di importante che accompagna gli uomini sin dai primi passi della civiltà. Molto prima, greci e romani avevano immaginato due Dei pagani, Dionisio e Bacco dedicati esclusivamente al buon bere. E se oggi leggiamo i dati  della produzione mondiale di vino, del suo fatturato, delle sue tante varietà e dei marchi di tutela e qualità esistenti in mezzo pianeta, ci rendiamo conto di avere a che fare con qualcosa di straordinariamente unico. Qualcosa che ha intimamente a che fare con una parte della storia dell’umanità e di tutta la cultura dell’occidente. Mentre se gli accostiamo altri due ingredienti, il grano e l’olio d’oliva, circoscriviamo il tutto all’area del mediterraneo che con questi tre elementi, di cibo quotidiano, ha dato vita a grandi civiltà, filosofie e religioni.   Quindi, l’uva è uno dei più antichi frutti della storia dell’umanità e le sue origini sono talmente lontane nel tempo da alimentare miti e leggende.  In quanto specie vegetale la vite risale al paleocenico, come documentato da impronte di foglie rinvenute in strati di tufo datati fra 59 e 55 milioni di anni fa circa. E già nel mesolitico e nel neolitico la vite selvatica

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era conosciuta e il suo frutto era solo spontaneo, ma commestibile. Secondo recenti studi condotti da eno-archeologi, già quegli uomini primitivi furono sedotti dal suo gusto aspro e zuccherino. E probabilmente per caso   hanno potuto assaggiare una sorta di vino spontaneo e primordiale. Le cose cambiarono quando,  oltre 10 mila anni fa, le popolazioni divennero stanziali, dando vita a insediamenti permanenti che vivevano fondamentalmente di agricoltura. Tanto che nei racconti risalenti all’epoca dei Sumeri e Babilonesi si narra di Siduri una “ostessa sacra”. Anche alcuni geroglifici risalenti a 4500anni fa descrivono già vari tipi di lavorazione dell’uva nell’antico Egitto, dove però la bevanda più amata e diffusa era la birra. Ma la pratica della vinificazione era così consolidata che nel corredo funebre dei faraoni erano incluse anfore con il vino che in alcuni casi arrecavano addirittura il nome del produttore e della zona di provenienza. Dall’Egitto, poi, il vino e la sua lavorazione si diffusero presso gli ebrei, gli arabi, i greci ed infine presso l’antica Roma. Ai tempi della Roma imperiale, infatti, fiumi di vino arrivavano anche  dalla Campania felix che con il suo Falerno, la sua Falanghina e Greco rifornivano le mense dei nobili e delle osterie. Anche l’isola d’Ischia all’epoca era considerata la cantina dell’impero. Poi nel corso dei secoli il succo d’uva ha avuto alti e bassi. Nei conventi medioevali si privilegiava la birra con la produzione trappista. E con le invasioni saracene molti vigneti furono distrutti

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perché contrari alla religione islamica che vieta il consumo di alcool.  Oggi il mondo vitivinicolo è tra i più vari, vivaci ed interessanti dell’intero settore agricolo, soprattutto in Italia dopo lo scandalo del vino al menatolo degli anni 80. Una nuova consapevolezza tra i consumatori spinge i produttori verso un vino sempre più di qualità. E sempre di più, la ricerca, l’innovazione e la tecnologia sono messe a disposizione della tradizione e della rivalutazione di vigneti antichi e autoctoni proprio in omaggio alla storia che si ripete ad ogni vendemmia da millenni.