Tutte le cose belle, si sa, hanno una fine. Ed oggi è il giorno conclusivo di Ischia Safari, una manifestazione che ho capito come mai stia ormai tanto cuore agli Ischitani e non solo. Un’occasione in più, come dovrebbero essercene sempre, di riflettere sullo status quo della cucina locale e italiana e sulle nuove strade da intraprendere. E ho potuto notare come il filo conduttore di tutti gli eventi sia stato, così come apertamente dichiarato, il territorio, nelle sue peculiarità e influenze, dal quale far partire ogni spunto o slancio innovativo. Proprio sul concetto di territorio si impernia il primo dei due eventi della giornata, la Master Class sul TrentoDoc, sponsorizzata da Ais e TrentoDoc e guidata da Maurizio Filippi, miglior sommelier d’Italia Ais 2016. Territorio proprio perché le bollicine trentine sono uno specchio fedele delle note locali, con la loro spiccata mineralità e acidità. Non mi dilungherò a lungo, non ne sarebbe la sede, mi preme solo sottolineare la particolare verve di Maurizio, narratore prima ancora di sommelier, capace di cogliere così bene ogni vino e romanzarlo in una maniera coinvolgente. Le riserve provate sono state una migliore dell’altra, da nominare sicuramente un Moser Brut Nature 2011, un Letrari Dosaggio Zero Riserva 2010 e l’istituzione del Ferrari Riserva Lunelli 2008. Ma alle 20:00 c’è l’evento clou, e non voglio certo tardare. Mi agghindo per bene e mi avvio all’hotel Regina Isabella, regno di Pasquale Palmaro, promotore della manifestazione insieme a Nino di Costanzo. Anche qui l’essere arrivato prima paga, poiché la cena inizia con una prima fase di aperitivi ad isole, e riesco agevolmente a provare tutto (eh si, stasera proverò ogni singolo piatto…sono malintenzionato, e, in ogni caso, il numero degli artisti in scena è sicuramente più “umano”, vista la formula della cena di gala). Nelle foto potete vedere il menù completo, che non starò a raccontarvi tutto, ma su qualche chicca mi soffermo volentieri. I pizzaioli di Pepe in Grani rielaborano squisitamente la pizza fritta, stavolta con ripieno di crema di grana 12 mesi, pesto al basilico e granella di olive nere. Lo chef Andrea Migliaccio del Capri Palace propone antipasto e primo: da ricordare per molto tempo il suo meraviglioso raviolo con genovese di coniglio. Giuseppe Iannotti invece gioca sul tecnico, proponendo un tuorlo marinato in acqua, sale e zucchero, maionese di tonno, cappero liofilizzato; nella sua complessità molto interessante. Da menzionare l’angolo carne, molto poco antipasto ma tanto pieno di sapori, a cura di Mario Carrabs della macelleria irpina M.C. Gesualdo. Per la cena placè ci spostiamo nella sala interna, dove ci aspettano 4 portate. Anche qui potete vedere comodamente il menù. La farò molto breve. Non me ne voglia alcuno (in fondo so che tanto nessuno si offende, non sono un critico gastronomico…), ma il risotto del maestro Bobo Cerea non ha eguali non solo stasera, ma in tutta questa manifestazione 2017. Cottura più che perfetta, contrasti aromatici divini, integrazione dei sapori. Insomma un piatto completo, meraviglioso. Piatti tutti discretamente accompagnati dagli Champagne di Pommery e Louis Roederer, anche se avrei preferito una disposizione inversa dei due (più opulento e grassoso il primo, più soave e fresco il secondo). Per i dolci veniamo invitati nuovamente ad uscire, passeggiare per qualche metro lungo il mare (eh, vitaccia), per trovarci nel piccolo spiazzo di fronte al ristorante Indaco, dove 4 pasticceri offrono la degna conclusione della serata. Stesso canovaccio: il menù lo vedete in allegato e io ve la faccio breve. Carmine Di Donna sfoggia tutta la sua bravura con un dolce armonico e non stucchevole, formato da gelato e gelatina al frutto della passione, purea al caramello, sfere al cioccolato bianco e banana. La bocca rimane pulita e soddisfatta. Anche i gelati sono meravigliosi, specialmente l’ottimo accostamento tra mandorla, liquore alle ciliegie e chicchi croccanti di caffè. Note di caffè che, involontariamente, si sposano divinamente con uno dei due cocktail offerti dai talentuosi barmen, un ottimo Fig Fashioned, a base di distillato di fico, bourbon whisky, aceto balsamico e gomma arabica. Insomma, una conclusione ad altissimi livelli, tante stelle insieme per divertirsi e collaborare ad un unico scopo. Ricordo che quest’anno il ricavato non andrà soltanto a progetti di formazione ma anche, in parte, agli interventi di ricostruzione della sfortunata Casamicciola. L’unione fa la forza, si dice. E se c’è qualcosa di cui noi italiani possiamo andare fieri, è la forte unione tra gli attori della nostra scena gastronomica. Che essa ci porti sempre più lontano.