CRISPR-Cas9, lo strumento rivoluzionario che corregge il DNA mutato

Le nuove scoperte scientifiche sulla correzione delle mutazioni del DNA aprono nuovi scenari di azione in ambito medico, portando in dote nuovi quesiti etici.

Pubblicità

L’ingegneria genetica si è rivelata uno strumento di ricerca sempre più potente ed utile in ambito scientifico. Le conoscenze acquisite sul DNA e sulle patologie di origine genetica e l’esigenza di nuove soluzioni mediche hanno portato negli anni allo sviluppo di tecniche di genome editing, ovvero di modifica e correzione degli errori presenti nel codice della vita. È in questo contesto che si inserisce CRISPR-Cas9, uno strumento molecolare di origine batterica che permette di tagliare e sostituire particolari sequenze di DNA.

Uno strumento di origine batterica

Configurazione di CRISPR-Cas9
Modello computerizzato della configurazione spaziale di CRISPR-Cas9.

CRISPR-Cas9 è un complesso molecolare costituito da CRISPR, una particolare sequenza di acidi nucleici (in laboratorio è utilizzato l’RNA) che possono appaiarsi con un segmento complementare di DNA nucleare all’interno di una cellula, e da Cas9, una proteina associata a CRISPR, fondamentale per il processo di “taglia e cuci” del DNA. Questa molecola è presente in natura all’interno di organismi procarioti quali i batteri e gli archeobatteri, in cui funge da rudimentale sistema immunitario. Successivamente gli scienziati hanno intuito la potenziale utilità di questo sistema molecolare e ne hanno fatto un vero e proprio strumento da laboratorio, capace di agire su segmenti scelti di DNA, che tramite CRISPR-Cas9 possono essere tagliati con precisione. Questa metodica ha permesso, ad esempio, di creare delle cellule di organismi non umani manchevoli di uno o più geni scelti, così da poter studiare la funzione del gene escisso tramite i deficit causati dalla sua rimozione.

CRISPR-Cas9 e la lotta alle malattie genetiche

L’impiego su cellule umane di una tecnica di genome editing non sembrava essere molto vicino nel tempo, a causa delle notevoli difficoltà ed imperfezioni che gli strumenti di modifica del genoma incontrano nella loro azione. Tuttavia un recente studio prodotto da numerosi studiosi di vari atenei americani e cinesi sembra aver trovato il modo di colmare questo gap tecnico, permettendo di agire su cellule embrionali umane con un buon livello di accuratezza e precisione. Nello studio è stata presa in considerazione la possibilità di correggere una mutazione nel gene MYBPC3, responsabile di circa il 40% dei casi di cardiomiopatia ipertrofica, una patologia cardiaca molto seria, presente in 1 adulto su 500, che può causare insufficienza cardiaca e morte, oltre ad essere la più comune causa di morte improvvisa in giovani atleti apparentemente sani. I ricercatori hanno fecondato delle cellule uovo sane con degli spermatozoi provenienti da un donatore malato, che presenta una mutazione in eterozigosi del gene in questione (una mutazione si dice “in eterozigosi” quando solo uno dei due geni codificanti per una determinata proteina presenta una alterazione genica, in questo caso sufficiente per provocare la patologia). Dall’unione di varie coppie di cellule si sono sviluppati altrettanti zigoti (l’unica cellula derivante dalla fecondazione di una cellula uovo da parte di uno spermatozoo). Negli zigoti in cui era presente la mutazione di MYBPC3 è stato iniettato CRISPR-Cas9 e su 54 embrioni sviluppatisi, ben 36 (66,7%) non presentavano più la mutazione, grazie all’azione di CRISPR-Cas9, che ha escisso la sequenza genica mutata, permettendo ai sistemi di riparo del DNA insiti nelle cellule di rimpiazzarla con la sequenza corretta, presente negli individui sani. Nonostante ciò negli altri 18 embrioni il difetto genetico non era stato corretto in tutte o in parte delle cellule che lo compongono. Per perfezionare la tecnica, dunque, gli scienziati hanno provato ad iniettare CRISPR-Cas9 non più nello zigote, ma direttamente nella cellula uovo in concomitanza con l’introduzione degli spermatozoi. Anticipando i tempi con questo stratagemma solo 16 embrioni su 58 (27,6%) presentavano delle mutazioni, peraltro non dovute ad un errore di CRISPR-Cas9, ma all’imprecisione nel riparo del DNA da parte delle cellule stesse. I restanti 42 embrioni, rappresentanti il 72,4% del totale contenevano, invece, solo il gene MYBPC3 corretto.

Azione di CRISPR-Cas9
Funzionamento di CRISPR-Cas9: l’RNA associato alla molecola si appaia ad una specifica sequenza di DNA (a sinistra); il complesso CRISPR-Cas9 taglia la parte di DNA precedentemente appaiato (al centro); i sistemi di riparazione del DNA presenti nella cellula riparano il filamento di DNA su cui ha agito il complesso (a destra).

Un’arma potente con rilevanti implicazioni etiche

Se da un lato è innegabile che una tecnica dotata di una tale precisione sia potenzialmente utilizzabile per correggere i difetti genetici, che causano svariate patologie, anche mortali, dall’altro si presentano con altrettanta chiarezza dei quesiti etici di non facile soluzione. Innanzitutto, operazioni molecolari di questo genere agiscono sulle cellule germinali, ovvero su quelle cellule che si trasmettono alla progenie. Ciò implica che per poter essere effettivamente utilizzate, queste nuove tecniche debbano raggiungere degli standard di sicurezza ed efficienza superiori rispetto a quelli attualmente ottenibili, perché eventuali errori di processo porterebbero ad un danno genetico persistente, non solo nell’individuo che eventualmente si sottoponesse a tale procedura, ma anche nella sua discendenza. Già nel 1997 l’UNESCO aveva introdotto una moratoria nei confronti degli interventi di genome editing su cellule germinali ed embrioni umani, che tuttavia è stata aggirata nel 2016, quando i legislatori britannici permisero ad un gruppo di scienziati di agire su embrioni umani usando proprio CRISPR-Cas9. Ed è stato proprio questo tipo di esperimento, che ha poi spianato la strada al recente studio del team americano-cinese. Oltre al quesito cruciale sul livello di sicurezza da raggiungere per poter applicare la tecnica del “taglia e cuci” genetico, si pone un’altra domanda dai risvolti imprevedibili: quale deve essere il limite da non valicare nell’uso dell’editing del DNA? Se, ad esempio, ci può essere un vasto consenso sull’uso a scopo terapeutico di tale tecnica per prevenire malattie genetiche invalidanti, tale approvazione di certo non può manifestarsi per operazioni di miglioramento delle capacità degli individui tramite modifiche al DNA. Ipoteticamente potrebbe essere ipotizzabile l’uso di tale tecnologia per aumentare geneticamente il grado di intelligenza di un individuo, o ancora, per correggere varianti genetiche correlate ad un comportamento violento nei criminali. In tale prospettiva appare chiaro come il limen tra la medicina e l’orrore dell’eugenetica sia abbastanza labile e vada assolutamente regolamentato prima che tale tecnica diventi effettivamente applicabile all’uomo.

CRISPR-Cas9 e il trapianto di organi animali

Un problema di tipo etico sorge anche nell’eventuale utilizzo di organi da donatori animali in riceventi umani. Questa idea, che a primo acchito potrebbe sembrare fantascientifica e alquanto singolare, in realtà è al vaglio da anni, dato che lo xenotrapianto –questo è il termine tecnico di tale pratica- potrebbe consentire di evitare le numerose morti dovute alla lentezza dello scorrimento delle liste di attesa per alcuni tipi di trapianto d’organo, causate dall’insufficienza cronica di donatori. L’animale che viene preso in considerazione per tale procedura è il maiale, dato che gli organi dei suini sono abbastanza simili per dimensioni a quelli umani. Tuttavia, ad oggi, vi sono due problemi irrisolti: la reazione del sistema immunitario umano ad un organo proveniente da una specie diversa e la presenza nel genoma delle cellule di suino di un retrovirus, PERV, che, almeno in vitro, può essere trasmesso alle cellule umane, potendo causare delle patologie anche gravi come immunodeficienze e tumori. Uno studio recentemente pubblicato su Science, però, sembra aprire una strada verso il superamento di quest’ultimo ostacolo. Tramite l’uso di CRISPR-Cas9, gli scienziati hanno eliminato PERV da una linea cellulare fetale di maiale, dopodiché tramite una tecnica chiamata SCNT, hanno provato a creare degli embrioni utilizzando questo genoma privo del retrovirus ed, effettivamente, la totalità degli embrioni di suino generati non conteneva più il pericoloso retrovirus. Fatto ciò, gli embrioni sono stati impiantati in alcune scrofe, che hanno dato alla luce dei maialini con un genoma privo di PERV. Tuttavia su 200-300 embrioni impiantati in ciascuna delle 17 scrofe, sono venuti alla luce solo 37 maialini, che saranno sottoposti ad un monitoraggio continuo per osservare eventuali effetti collaterali sviluppabili durante la crescita. Ovviamente, mettere a punto una tecnica di questo tipo, con criteri di sicurezza ed efficienza molto superiori a quelli attualmente disponibili, renderebbe lo xenotrapianto una realtà, almeno teorica, su cui dovrà poi essere aperto un dibattito etico ad ampio raggio.

Genome editing ed opinione pubblica

Ad oggi l’opinione pubblica sembra essere maggiormente ben disposta nei confronti della tecnica del genome editing rispetto al passato e, in un sondaggio americano effettuato su un campione di 1 600 persone, il 59% dei partecipanti ha riferito di essere favorevole all’uso di tale tecnica per prevenire o curare malattie genetiche altrimenti fortemente invalidanti o mortali. Tuttavia, grandi differenze di opinione sono state riportate in base al credo e alla padronanza dell’argomento oggetto del sondaggio dichiarati dai partecipanti. In particolare, tra gli intervistati che hanno ammesso di avere uno scarso interesse nei confronti della religione, ben il 79% si è detto favorevole all’uso del genome editing per scopi puramente medici, mentre tra i più religiosi tale percentuale scende al 50%. I ricercatori hanno poi chiesto ai partecipanti di rispondere a 9 domande sul tema dell’ingegneria genetica. Tra coloro che avevano una maggiore padronanza dell’argomento, avendo risposto correttamente ad almeno 6 domande, il consenso per l’uso della tecnica a scopo medico si è attestato al 76%, mentre tra gli intervistati meno esperti in materia, la percentuale di favorevoli crolla al 32%. Ciò dimostra che tali sviluppi della scienza necessitano di un profondo dibattito tra esperti, che coinvolga anche la popolazione, cercando di porre delle linee di confine tra ciò che è lecito o meno e tra ciò che è utile a scopo medico e ciò che invece si configurerebbe come una aberrazione della natura umana.