
L’antimicrobico-resistenza costituisce una delle più grandi sfide che la medicina e la ricerca dei nostri giorni e nei decenni a venire devono fronteggiare. Si tratta di una problematica di interesse mondiale, che ogni anno determina più di 700 000 decessi in tutto il globo ed influisce annualmente per oltre un milione di euro sull’economia della sola Unione Europea.
Perché gli antimicrobici perdono la loro efficacia
Per antimicrobico-resistenza si intende la capacità che hanno batteri, virus, funghi e protozoi di diventare col tempo resistenti ai farmaci che fino a quel momento ne inibivano la crescita o li uccidevano. Questo fenomeno è dovuto alle normali mutazioni che si verificano nel materiale genetico dei microorganismi, i quali sviluppano nel corso degli anni delle strategie che rendono gli antimicrobici inutilizzabili. La normale selezione naturale fa sì che questi patogeni, aventi ad esempio una ridotta permeabilità ad un antibiotico o un meccanismo che espelle il farmaco stesso dal microrganismo, siano avvantaggiati rispetto ai non-resistenti, così da aumentare di numero nel corso degli anni, fino a diventare un serio problema per la nostra salute. Sebbene questo fenomeno sia naturale, è amplificato da alcuni fattori legati all’uomo, quali l’uso indiscriminato degli antibiotici, sia in medicina, sia negli allevamenti e la scarsa igiene negli ospedali o nella filiera alimentare.

Dati: Commissione Europea
Quantificare i danni
Le dimensioni del fenomeno sono enormi, sia in termini prettamente medici che economici. Secondo i dati forniti dalla Commissione Europea, nel nostro continente ogni anno muoiono 25 000 pazienti a causa dell’antimicrobico-resistenza, contribuendo ai 700 000 decessi registrati nel mondo. Si stima che nel 2050, se non vi dovesse essere un cambiamento di rotta in sanità, in zootecnia e tra la popolazione, i decessi potrebbero toccare quota 10 milioni nel mondo, rendendo la resistenza agli antimicrobici una causa di morte addirittura più comune rispetto al cancro. Sotto l’aspetto economico i danni non sembrano essere di minore entità, visto che l’antimicrobico-resistenza costa all’UE 1,5 miliardi di euro all’anno e nel 2050 ci si aspetta che tale fardello economico salga ad una cifra da capogiro: 2 900 miliardi di dollari nei paesi dell’OCSE. L’Italia, purtroppo, ha un peso specifico considerevole nella definizione di tali numeri se si considera che per ogni 1000 abitanti vengono consumate 27,8 dosi di antibiotico al giorno, contro la media Europea di 20.5 (dati aggiornati al 2014).

Cosa sanno i cittadini europei ed italiani degli antimicrobici?
La lotta alla antimicrobico-resistenza passa sicuramente, oltre che dalla preparazione dei lavoratori in ambito sanitario e zootecnico, anche dal buon senso e dall’istruzione delle persone. Per definire numericamente le abitudini e le conoscenze dei cittadini dell’UE in materia di antibiotici (gli antimicrobici più usati), tra il 9 ed il 18 aprile 2016 è stato sottoposto a circa 30 000 cittadini dell’Unione un sondaggio denominato Special Eurobarometer 445. I dati emersi sono indicativi del fatto che le persone spesso non sanno come e quando usare gli antibiotici. Il 21% degli italiani ritiene che si possa smettere di assumere un antibiotico appena ci si sente meglio, nonostante le indicazioni del medico, tuttavia solo 15 persone su 100 hanno dichiarato di essersi informate nell’ultimo anno circa gli antibiotici. In tal senso l’Italia rappresenta il paese meno informato dell’Unione riguardo a questo tipo di farmaci, visto che il dato europeo circa l’informazione sulla tematica si attesta al 65%. Inoltre, la maggioranza degli italiani (60%) è convinta, erroneamente, che gli antibiotici uccidano i virus, quando in realtà questi agiscono solamente contro i batteri. Tale mancanza di informazione, ovviamente, si traduce in un errato uso di questi farmaci, tanto che il 22% dei cittadini europei ammette di far uso di antibiotici in caso di influenza e raffreddore, per cui non dovrebbero essere utilizzati, dato che si tratta di due patologie causate da infezioni virali e non batteriche.

Dati: Commissione Europea
Il nuovo Piano di Azione con l’Antimicrobico-resistenza
Per evitare gli scenari catastrofici che vengono attualmente prospettati dagli esperti, con una concreta possibilità di ritornare ad un’era pre-antibiotici, in cui malattie teoricamente semplici da curare causeranno gravi danni alle persone a causa della scarsità di antimicrobici efficaci disponibili, l’Unione Europea ha recentemente approvato un nuovo Piano di Azione contro l’Antimicrobico-resistenza. In tale piano viene sottolineato che tale problematica necessita del

cosiddetto approccio one health, per cui bisogna considerare la vita degli uomini e degli animali nell’ambiente come connesse e, dunque, bisogna focalizzarsi contemporaneamente sia sull’uso medico degli antimicrobici, sia sulle loro applicazioni negli allevamenti. Il nuovo piano punta a far diventare l’area UE la regione leader nella lotta all’antimicrobico-resistenza, promuovendo la collaborazione tra gli stati membri e puntando ad una unificazione delle legislazioni nazionali in materia. Un obiettivo importante è la gestione dei controlli e la prevenzione del fenomeno stesso tramite l’introduzione di un sistema di valutazione delle contromisure adottate. Inoltre le politiche europee puntano a dare un impulso alla ricerca e all’innovazione, fondamentali per vincere la battaglia. Difatti si stima che solo 1 antibiotico ogni 16 passi effettivamente dai primi stadi della sperimentazione all’uso in ambito clinico. Per tale motivo partecipare a programmi di ricerca internazionali come l’EDCTP e il JPIAMR risulta fondamentale per avere sempre nuovi antimicrobici, che possano rimpiazzare quelli divenuti obsoleti. Di pari passo, però, bisogna promuovere attività di informazione per sensibilizzare la popolazione circa un utilizzo corretto degli antibiotici, sottolineando che il loro utilizzo deve avvenire solo sotto controllo medico e con le modalità e le tempistiche esposte dal curante. Contemporaneamente, nell’ambito dell’approccio one heath, l’UE si impegna a rafforzare la normativa riguardante l’uso degli antibiotici sugli animali da allevamento e da macello. Già dal 2006 in Europa vige il divieto di utilizzo di antimicrobici finalizzato a promuovere la crescita degli animali da allevamento, senza alcuno scopo terapeutico. Queste ed ulteriori pratiche potranno portare al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi previsti dal piano nei territori dell’Unione Europea, salvando centinaia di migliaia di vite umane e consentendo il risparmio di miliardi di euro.