Alla SAACI Gallery di Saviano un’esplorazione sull’individuo in “Nessuno in mostra”

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Domani domenica 2 Aprile 2017 ore 11 SAACI/Gallery e LEVANIA – rivista di poesia presentano NESSUNO IN MOSTRA presso la Saaci/Gallery in via Padre Girolamo Russo 9 Saviano-Napoli. “Nessuno in mostra” è un’esplorazione, una delle tante possibili, sull’individuo ‘rappresentato’ con i mezzi a disposizione degli artisti. È una mostra di ritratti e autoritratti ‒ naturalmente ben poco interessati alla fisiognomica ‒ questi ultimi da ritenersi, rispetto ai primi, una parte per il tutto: l’artista usa la propria immagine come sineddoche, in qualche modo esponendo attraverso essa anche la sua visione dei propri simili. Ma è anche una mostra che accoglie opere e quindi riflessioni sul tema dell’identità: “Nessuno in mostra” è il titolo con cui ci si vuole riferire al diffuso allarme sollevato dal dibattito largamente praticato sulla questione in tempi recenti. Per una pura coincidenza, negli stessi giorni in cui si andava definendo il progetto di questa mostra, la redazione di “LEVANIA rivista di poesia” lavorava al nuovo numero: un numero tematico i cui contenuti, pur se attenti prevalentemente all’ambito della scrittura, per una significativa parte saranno gli stessi di “Nessuno in mostra” e consentiranno tra l’altro di osservare dove e come s’incontrino, oggi nelle diverse arti, l’avanzare della rappresentazione e della autorappresentazione e il declino della potenza di significazione del linguaggio una volta definito letterario proprio in virtù di un’eccedenza di connotazione.

C’è una riflessione sul corpo dal quali ci si allontana sempre più in quanto si lascia sostituire dalla sua immagine. Il bisogno di incontrare l’altro in persona pare stia raffreddandosi: sempre più ci si conosce e ci si guarda attraverso riproduzioni, specialmente fotografiche, e ci fidiamo di come l’altro appare (o meglio: riesce ad apparire) senza indagare più di tanto per afferrare quel che davvero è. Ciascuno di noi è esposto, e molti di noi esercitano il più possibile efficacemente la pratica dell’esporsi e del garantirsi l’ammirato riconoscimento dell’immagine che intendono trasmettere di sé impegnandosi quotidianamente in una sorta di campagna auto-pubblicitaria. In sostanza, si disseminano a larghe mani ritratti ‒ e autoritratti ‒ “celebrativi”, estremamente poveri e ripetitivi, come avviene sui social network. Messa a punto la propria immagine, la si fa circolare più o meno largamente, decidendo in base al proprio gusto (o ‘strategia comunicativa’) se si vuole diffonderla smisuratamente o piuttosto con più garbo ed eleganza centellinarla. Percentualmente, il ritratto sembra ormai svettare tra i tipi di immagini che ci bombardano; percentualmente, la pratica dell’autoritratto si è guadagnata una presenza nell’ambito del ‘genere’ del ritratto che nessuno fino a poco tempo fa avrebbe potuto prevedere. Il caso Vivian Maier è eclatante non solo perché post mortem si è scoperta un’artista notevole, ma perché il suo tema prediletto era l’autoritratto, divenuto nel frattempo, specialmente attraverso il selfie, fenomeno di massa.

Alla ribalta dell’arte tornano quindi prepotentemente il corpo e il volto: la figura umana nella sua più o meno immediatamente percepibile fisicità. All’arte si affida il compito di esprimersi emotivamente mettendo in mostra sul corpo ferite, tormenti, incertezze, solitudini, paure, faticosi tentativi di emergere dallo sfondo o di restituire malinconicamente un inevitabile sbiadirsi; al ritratto si affida il compito di registrare l’identità smarrita e lacerata, una residua presenza. L’uomo è al centro, campeggia in tutta la sua fragilità e si espone secondo modalità tutt’altro che autocelebrative, e la semplicità dei mezzi artistici prevale molto spesso su istanze concettuali e ambizioni sperimentali. Ad essere al centro dell’opera non è più tanto il linguaggio o la riflessione su di esso quanto, piuttosto, l’indagine introspettiva, l’ancorarsi strenuo alla vita, la memoria da cui partire per ricostruirsi un’identità, la richiesta volta all’osservatore di immedesimarsi, la proposizione di una qualche verità semmai piccola, frammentata ed evanescente, ultima o penultima.

Black Napkin, Cento Ottantanove, Lisa Cutrino, Sergio Fermariello, Gianluigi Gargiulo, Joyce Kubat, Federico Lombardo, Rosaria Matarese, Luigi Pagano, Caroline Peyron, Camillo Ripaldi, Vincenzo Rusciano, Lucia Schettino e Luisa Terminiello gli artisti che espongono.

Per info:  338 8666373