Campania Rosso IGT, Monte di Grazia, 2009
Eccomi, ancora una volta, a parlare di un vino dell’Azienda Monte di Grazia. Avendone già scritto in precedenza, Vi rimando a quella del Bianco 2012 per le informazioni di natura storica ed il contesto orografico.
Impossibile non restarne affascinati, impossibile non innamorarsi di vini che sembrano raccontarti nel calice quello che si vive passeggiando tra quelle vecchie viti centenarie di Tramonti, maritate tra loro. Si respira un’aria d’altri tempi tant’è radicata la tradizione agricola e pastorale, e tutto intorno sembra scorrere lentamente. Vini d’autore, se così si può dire, per la loro originalità: frutto di un attento e rispettoso lavoro in vigna ed in cantina. Frutto di un uomo, il Dott. Arpino, che fa della semplicità e della genuinità uno stile di vita. Passeggiando tra le vigne, insieme a lui, si viene rapiti dagli aneddoti di vita vissuta, la sua e quella della sua famiglia, in quella vallata che custodisce varietà antiche come il Tintore di Tramonti! Una varietà unica, per l’appunto, che con grande dispendio economico e di forze fisiche si cerca di portare avanti con orgoglio, nonostante sia poco produttiva per via della scarsa allegagione: motivo per cui aziende agricole ben più grandi, e non a carattere pressocchè familiare come Monte di Grazia, lo hanno abbandonato. A stento si riescono a raggiungere delle rese di 30 q/ha o poco più, nonostate il sistema di allevamento sia a raggiera e nonostante si cerchi di aumentare la densità d’impianto per talea, maritando poi le viti più giovani a quelle centenarie: una pratica comunque già diffusa in passato e ben riconoscibile osservando i ceppi stessi.
Recensirò proprio il rosso aziendale ottenuto dal Tintore, con un piccolo saldo di Piedirosso che oscilla intorno al 10%, a seconda della vendemmia.
Non una delle ultime annate, la 2009, a testimonianza anche della longevità di questi vini. Tutte le lavorazioni in vigna vengono effettuate unicamente a mano, compreso la raccolta che avviene in piccole cassette.
Una volta trasportate le uve in cantina, vengono diraspate e fatte fermentare in tini di acciaio ad opera dei lieviti indigeni, con una macerazione pellicolare che dura in media dai 10 ai 12 giorni. Il vino resta a contatto con le fecce fini per 4/5 mesi circa, periodo durante il quale svolge totalmente la “fermentazione” malolattica. Secondo annata, ma non’è il caso della 2009, vi è talvolta un piccolo passaggio in botte grande. Dopo la sfecciatura completa la sua maturazione in acciaio fino alla seconda vendemmia successiva, per poi essere imbottigliato e commercializzato nelle 4000 bottiglie mediamente prodotte.
Calice alla mano ci troviamo di fronte ad un vino dalla vivida veste granata, molto composto nelle roteazioni del calice e di discreta trasparenza.
Al naso gioca le sue prime battute su profumi che ricordano la confettura di mirtilli, le amarene sotto spirito e le violette passite. Man mano che prende respiro emergono note che riconducono all’incenso ed alla legna arsa, nonché toni ematici e di pelliccia animale: il tutto su un sottofondo di lavanda selvatica, quasi a ricordare i cespugli che crescono rigogliosi e spontaneamente fuori alla porta di casa del Dott. Arpino.
In bocca è morbido, dotato di una grande spinta fresco/sapida e di un tannino tra le righe, ben integrato, ma presente.
Completa il tutto una chiusura di bocca che insiste soprattutto sui richiami ematici ed animali.
Ho avuto modo di apprezzare il rosso di Monte di Grazia in un calice piuttosto ampio ad una temperatura di circa 16°C, dopo averlo stappato con un’oretta di anticipo. Personalmente ritengo che possa essere il giusto compagno di un piatto di Candele Spezzate alla Genovese, con le Costine di maiale.
Rubrica a cura di Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina.