Che strano nome. Arriva dal greco “éntybon” e si traduce invidia. Ma non è quella che rode il fegato. Anzi è una della bontà che più apprezziamo tra le verdure che madre natura ci ha regalato. L’invidia che botanicamente si avvicina alla cicoria, tanto che i latini la chiamavano “cichorium envidia”, è quella che conosciamo come scarola. Precisamente, dal punto di vista strettamente scientifico, esistono due varietà: l’invidia riccia e l’invidia a foglie ondulate e solo questa comunemente la chiamiamo scarola un po in tutt’Italia. Ma in Campania i due termini si confondono. Non c’è differenza nel sostantivo. Cambia solo l’aggettivo quando la ordiniamo dal nostro ortolano di fiducia. Allora chiediamo un cespo di scarola (intendendo quella più liscia) o di scarola riccia. La differenza sta tutta nella diversa forma delle foglie. Quella riccia ha foglie più corte ed increspate con margini irregolari molto frastagliati. Quella normale ha foglie liscie, ondulate, più espanse delle ricce e con margini più o meno finemente dentellati.. Il loro cuore, la parte interna, è di colore verde più chiaro tendente al giallo ed è più tenero delle foglie esterne. In provincia di Napoli esiste una particolare varietà conosciuta come “scarola bianca riccia schiana” e detta anche “paparegna”. E’molto rustica e presenta un cespo grosso e pieno con foglie dal sapore croccante e leggermente amarognolo. Lo “schiana” che significa piana è riferito alla foglia larga che però ha i margini molto frastagliati e quindi anche riccia. In cucina, come verdura cotta, la sua fortuna è legata alla tradizione meridionale e campana. Mentre nel resto d’Italia è usata soprattutto cruda, come semplice insalata. Dalle nostre parti, invece, è la star di due grandi piatti. Piatti antichi che continuano però ad essere apprezzati. Semplici ma sontuosi. Piatti che fanno di un umile verdura una succulente pietanza che non conosce tramonto. Il primo è la “Pizza di scarole” che arriva dalla tradizione della vigilia di Natale che vuole questa pizza come unico pasto, all’ora di pranzo, in attesa della cena. Il secondo piatto arriva dalla tradizione contadina di fare necessita virtù e preparare con un cespo di scarola e pochi poveri ingredienti addirittura una pietanza imbottita: “la scorala mbuttunata”. Ed è proprio questa la protagonista della ricetta che propone Matteo Bonavita patron della storica trattoria pizzeria “Il Vicolo della Neve” del centro antico di Salerno. La ricetta (sotto) è molto semplice e sembra una via di mezzo tra quella cilentana e quella partenopea. Proprio come Salerno che sta nel mezzo dei due territori. Ci mancano i pomodorini di quella cilentana che è più brodosa ed il pane grattugiato di quella della ricetta classica napoletana. Ma acciughe, capperi e olive nere di Gaeta (che stanno in tutte le versioni) danno quel gusto inconfondibile di un piatto unico che il resto del mondo ci invidia.
LA RICETTA: Scarola imbottita
Ingredienti per 1 scarola: 1 scarola riccia di media grandezza, una decina di olive nere di Gaeta, una manciata di capperi, 1 filetto di acciuga, spago per alimenti, olio extravergine di oliva, sale e pepe q.b.
Preparazione: lavare accuratamente la scarola senza asciugarla. Imbottire il centro della scarola con le olive, i capperi dissalati, il filetto di acciuga tagliuzzato. Chiudere legando a ciuffo con lo spago. Adagiare in una teglia con olio e un bicchierino di acqua. Aggiustare di sale e infornare per circa 1ora in forno preriscaldato a 150°.