Su Federica, il progetto e-Learning dell’Università Federico II di Napoli, partirà, tra qualche giorno, il corso di dialettologia italiana http://www.federica.eu/c/dialettologia_italiana_il_napoletano_e_le_altre_varieta/. “La dialettologia non è l’insegnamento dei dialetti” specifica Nicola De Blasi, docente di Linguistica Italiana dell’Università di Napoli “Federico II” che, insieme al collega Francesco Montuori, docente federiciano di Storia della Lingua Italiana, terrà il corso, che sarà ad accesso libero e gratuito. “Introdurremo a temi, nozioni e problemi della Dialettologia italiana” ramo della linguistica che studia i dialetti, in prospettiva geografico-sincronica e in prospettiva diacronica ”In questa trattazione si terrà conto in modo particolare della storia del Napoletano, considerato in rapporto al quadro generale dell’area linguistica italiana, in relazione alla derivazione dal latino, ai rapporti storici con l’italiano e con le altre varietà locali”.
“Bisogna specificare che, diversamente da quanto sostenuto dall’Unesco, sotto la denominazione di “Napoletano” non rientrano le varietà linguistiche di altre aree campane e meridionali” sottolinea De Blasi “Nel sito di questa organizzazione infatti il Neapolitan è impropriamente presentato come equivalente del cosiddetto South Italian, che sarebbe (ma non è) la lingua di sette milioni e mezzo di parlanti in Campania, Lucania (Basilicata), Abruzzi (Abruzzo), Molise, northern Calabria, northern and central Apulia (Puglia), southern Lazio and Marche as well as easternmost Umbria. Tale affermazione, inaccettabile per i linguisti italiani, può diventare purtroppo un punto di riferimento per gli utenti della rete”. “L’Unesco tende a dare delle etichette, mentre la reale tutela di una lingua deriva da una documentazione storica e specialistica; non avviene certo per imposizione, in quanto è conoscenza, diffusione e soprattutto consapevolezza linguistica”. “Basti considerare che i dialetti sono lingue a tutti gli effetti, derivano dal latino e hanno una storia antica, lunga almeno 1500 anni; in Italia, ci sono istituzioni come l’Accademia della Crusca e Treccani che vi dedicano molta attenzione e studi continui e alle quali bisogna fare riferimento” sottolinea il docente federiciano, tra l’altro accademico della Crusca. In linea di massima bisognerebbe evitare atteggiamenti negativi nei confronti dei dialetti “Già Tullio De Mauro aveva osservato, nel 1963, come ci siano verso il dialetto atteggiamenti estremi” nota Nicola De Blasi “o si è dialettofobi oppure dialettomani.” “In realtà l’atteggiamento ideale è quello sereno: perché si deve partire da una considerazione pacatamente storica, come faremo nel corso di dialettologia, per mettere in luce la dignità linguistica dei dialetti”.
Rigore scientifico e conoscenza storica sono quindi gli atteggiamenti da adottare nei confronti delle lingue dialettali, che consentono così la circolazione di idee fondate ed una loro sana riscoperta “Questo permette non solo di attenuare un atteggiamento di rigidità che accetta un solo modo linguistico corretto ma di evidenziare quanto la comunicazione sia duttile, dipenda molto dalle circostanze e dall’ambiente” sottolinea Nicola De Blasi “Il dialetto non è un limite in sé, lo diventa nel momento in cui è l’unico ed esclusivo registro linguistico, comportando grossi svantaggi, come limitazioni nelle relazioni sociali”. “I dialetti hanno inoltre una forte valenza sociale perché conservano, soprattutto nel lessico, la storia di un luogo e di usanze e abitudini di un popolo: proprio l’attaccamento affettivo al luogo di nascita ha portato, negli ultimi venti anni, alla riscoperta di eccellenze locali, dalla cucina alla lingua” “Non dimentichiamo che siamo anche di fronte ad una lingua che ha avuto ed ha ampio uso nella produzione artistica, come il teatro, il cinema la musica e anche nella pubblicità”. Valorizzazione delle varietà locali, studio accademico e documentazione storica mostrano quanto i dialetti siano da considerare “lingue a tutti gli effetti”; occorrono proprio l’approccio scientifico e “pacatamente storico” per scardinare le semplificazioni e i luoghi comuni, di cui godono ampiamente i dialetti, certamente figli di un approccio superficiale al tema. Occorre dare spazio e radicare argomentazioni fondate, come ad esempio quella dell’esistenza di una pluralità di dialetti “Prendendo in considerazione una stessa zona, possiamo affermare che i dialetti, tutti derivati dal latino parlato in quel determinato luogo, sono simili ma diversi”. E se volessimo dire quanti dialetti esistono, potremmo asserire che “ogni luogo abitato ha un dialetto, chiaramente inserito in una prospettiva provinciale, con forte localizzazione e provincializzazione”.