Ischia Biancolella DOC, Pietratorcia, 2015
L’esplosione del turismo negli anni ’50 e, la cementificazione che ne è conseguita, ha causato una drastica riduzione della superficie vitata sull’isola: si è passati dai 3000 ha degli anni ’40 ai 300 ha dei primi del 2000.L’azienda Pietratorcia nasce nel 1994 dalla volontà di tre antiche famiglie contadine dell’isola, Iacono, Regine e Verde, di tornare alla terra e alle tradizioni rurali e, di dar vita comunque ad un’impresa moderna ed incentrata su standard qualitativi molto elevati.
Per il nome si è tratto spunto dalla “pietra torcia”: un enorme e pesante masso tufaceo con tre fori (uno alla sommità e due ai lati) utilizzato, secoli addietro, per spremere le uve con un complesso sistema di funi e di leve, prima che il torchio entrasse nell’uso comune dei vignaioli isolani.
Ne è presente proprio una nelle storiche cantine dell’azienda scavate nel tufo e risalenti al 1700: un posto unico e suggestivo, dove vengono elevati i vini prima della commercializzazione.
Ambrogio Iacono (Gino per tutti), uno dei titolari, nonchè enologo ed agronomo, ha intrapreso un lungo itinerario di formazione tecnica in collaborazione con l’Istituto di San Michele all’Adige e supportato da un’equipe di primissimo ordine, con l’intento di dar vita a piccole produzioni di pregio e rafforzare l’dentità Ischitana di eccellenza nel panorama vitivinicolo nazionale ed internazionale.
Non solo vini di qualità, ma promulgare l’abbinamento tra vino e cultura in genere: un’altra scommessa vinta dalla famiglia Iacono!Difatti la libreria Mattera (nata negli anni ’50), a pochi passi da piazza S. Gaetano a Forio, era da sempre stata un punto di aggregazione, di confronto e di dibattiti: un vero salotto culturale che qualche anno fa purtroppo aveva cessato la sua attività ma, fortunatamente, è stata riportata in auge da Franco Iacono.
La raccolta generalmente avviene tra fine settembre ed inizio ottobre, rigorosamente in piccole cassette.
Le uve vengono diraspate e poste a macerare in serbatoi di acciaio per 24 ore a 10°C.
Successivamente la massa viene pressata ed il mosto fermenta in silos d’acciaio alla temperatura controllata di 18°C. Ultimata la fermentazione, il vino viene elevato sulle fecce fini per un periodo ulteriore di 3 mesi, e, dopodichè, filtrato ed imbottigliato in primavera.
Nel calice si presenta con una luminosa tonalità paglia dai riflessi oro.
In bocca è morbido ed avvolgente in primis, rinfresca poi il palato chiudendo su una lieve scia sapida dai rimandi fruttati.
Ho avuto modo di apprezzare questa biancolella in un calice non molto ampio e dall’apertura leggermente più stretta, ad una temperatura che idealmente si aggira tra i 10 ed i 12°C.Personalmente lo abbinerei nella notte di Natale ad un buon piatto di apertura, come potrebbe esserlo del “Nasello leggermente affumicato, servito sull’insalatina di rinforzo della tradizione napoletana”, a patto che non si esageri col rinforzo!
Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia, Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina