Tra poche settimane gli italiani saranno chiamati a partecipare all’evento politico più importante degli ultimi anni nel Paese, il referendum confermativo alla proposta di riforma della Costituzione della Repubblica Italiana, contenuta nel testo di legge approvato dal Parlamento italiano il 12 aprile 2016. Dal suo risultato potrebbe dipendere non solo il tentativo di cambiare la carta costituzionale, ma anche la stabilità del governo e il futuro politico del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Per questo motivo, data l’importanza dell’argomento, in contrapposizione ai sostenitori del NO, intervistiamo Daniele Malgieri promotore del comitato “Basta un SI” che da studente di ingegneria prova a spiegare le ragioni per votare SI al prossimo referendum confermativo.
Sei tra i giovani che sostengono con maggiore forza una riforma molto criticata. Quali sono le ragioni che ti spingono a votare Si il prossimo 4 dicembre?
Il 4 dicembre sarà uno spartiacque fondamentale per il futuro della nostra Repubblica.
Votare SI significherà avere uno stato più snello e meno “elefante”, sia dal punto di vista del numero di rappresentanti politici che dal punto di vista dei procedimenti.
Al di là del risparmio economico strutturale introdotto dalla riforma, finalmente la Costituzione verrà adeguata ai nostri tempi nella parte riguardante l’architettura dello Stato: avere dei tempi certi e più brevi per l’approvazione delle leggi tramite l’eliminazione del bicameralismo paritario vorrà dire mettere in condizione il Parlamento di essere più tempestivo nello svolgere il suo ruolo legislativo, e quindi riuscire a fronteggiare le esigenze del paese in maniera più puntuale.
Dall’altro, il nuovo ruolo del Senato della Repubblica di raccordo istituzionale tra Stato e Regioni, unitamente alla revisione del Titolo V, permetterà di razionalizzare le realtà territoriali.
Quali sarebbero, dal tuo punto di vista, le conseguenze della vittoria del NO nel Paese? Se la riforma costituzionale non passa, il Governo Renzi rischia davvero di essere delegittimato a governare?
Se dovesse vincere il NO, banalmente resterebbe tutto com’è.
A chi conviene che l’Italia resti così, piuttosto che avere una struttura armonizzata? Va da aggiungere inoltre che sarebbe impossibile per un bel po’ poter fare una nuova Riforma Costituzionale, visto che ogni NO si basa su motivazioni diverse: non essendoci un fronte unico con motivazioni comuni, come sarebbe possibile elaborare una proposta alternativa? Probabilmente perderemo per i prossimi 30 anni la possibilità di adeguare la Costituzione.
Tra le ragioni più conosciute del comitato del NO, c’è l’immunità parlamentare estesa anche gli amministratori locali chiamati a comporre il nuovo Senato, i possibili conflitti di competenza tra Stato e Regioni e tra Camera e nuovo Senato, la non semplificazione dei processi di produzione delle leggi, ma anche un esiguo risparmio di risorse rispetto a quelle annunciate in sede di campagna referendaria. Come risponde a queste affermazioni?
Innanzitutto, è bene notare che riducendo il numero di parlamentari da 960 a 720, il numero di quanti avranno l’immunità sarà diminuito. Ma più che altro, l’immunità parlamentare è un sacro principio democratico se garantisce la non persecuzione di un parlamentare per le sue funzioni; altra cosa, è l’abuso di immunità parlamentare, che non dovrebbe riguardare le vicende giuridiche private. Su questo purtroppo la riforma costituzionale non aggiunge e non toglie: è una questione di rivoluzione culturale.
Possibili conflitti Stato Regione non ce ne saranno, anzi sia la revisione del Titolo V (su cui anche i più forti sostenitori del NO sono spesso d’accordo) sia lo stesso nuovo ruolo del Senato vanno proprio nella direzione dell’armonizzazione del rapporto Stato Regioni ed eliminare a monte i numerosi contenziosi già in atto.
Sul risparmio, il conto è facile: 80 mln per stipendi e rimborsi dei senatori, 20 mln di rimborso ai gruppi, 9 mln per l’abolizione del CNEL, 72 mln ricavati al taglio degli stipendi dei Consiglieri Regionali, più fino a 100 mln annui (in maniera crescente) per le spese di funzionamento. Per un totale di circa 300 mln a cui dovremmo sommare altro, come ad esempio gli affitti in conto al senato.
Sinceramente non so come agendo riformando la costituzione si poteva fare di più… intanto qualcosa per la prima volta è stato fatto.
L’attuale giunta comunale, retta dal neo sindaco Andrea Viscovo, come si è espressa rispetto a questo importante appuntamento? Avete ricevuto sostegno da altre forze politiche e in che modo?
Non ho ascoltato dichiarazioni del nostro sindaco in merito, sarò stato poco attento… sarebbe meglio che lo si chiedesse direttamente a lui.
Per quanto riguarda il sostegno di altre forze politiche, c’è da chiarire che il comitato Basta un SI di cui sono tra i promotori non è un comitato del PD. Anzi, comprende persone che si rivedono un po’ in tutti i partiti. Nonostante gli establishment delle varie forze politiche siano quasi tutte per il NO.
Gli equivoci che dominano il confuso dibattito politico sul referendum, non aiutano i comuni cittadini a comprendere in modo chiaro i motivi che hanno reso necessaria la riforma costituzionale. Quali saranno le iniziative che il PD di Volla metterà in campo per sostenere le ragioni del SI alla riforma costituzionale?
Nessuna.
E mi spiego meglio: il PD di Volla, sebbene sia il PD nazionale promotore della legge, ha
scelto nella rispetto di quanti militano nel partito ma si
rivedono nel NO di non fare una campagna referendaria. Viceversa quanti hanno aderito al comitato Basta un SI saranno impegnati innanzitutto domenica 13 in una manifestazione che porterà dei tecnici del diritto (un referendario della Corte di Giustizia Europea e un ex Giudice del CSM, ad esempio) ad esporre le ragioni del SI. Saremo poi impegnati in vari confronti con il fronte del NO, per ora ce ne sono 3 in cantiere.
Dopo l’ultimo crollo elettorale e le conseguenti dimissioni del Segretario di sezione, il PD di Volla sta cercando di recuperare, con enormi sforzi, il consenso tra i cittadini e la sua credibilità politica. Da giovane democratico e attivista di sezione, quali sono i suoi suggerimenti per dare nuova forza ad un partito storico di Volla?
Non sono abbastanza presuntuoso da avere una ricetta per risolvere questo momento di difficoltà. Quello che è certo, è che bisogna avere ottime idee e soprattutto riuscire a veicolarle e confrontarle con i cittadini.
Insomma bisogna tornare a fare girare gli uomini del PD e soprattutto le idee del Partito Democratico tra la gente, da un lato per poter comprendere meglio le esigenze e i suggerimenti dei cittadini, dall’altro portare a loro le nostre soluzioni, in un confronto continuo. Bisogna riaprire il PD e colmare la distanza con i cittadini. Ma sulla base di idee concrete tracciate sulla direzione dei principi di sinistra che ci caratterizzano, e non sulla base di fantasie populiste dal grande fascino ma senza riuscita.