“I Vini di Indovino” Il sommelier recensisce il cabernet sauvignon romano

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Lazio Rosso IGP, Fioranello, Tenuta di Fiorano, 2014

Ci troviamo alle porte di Roma, tra il Parco dell’Appia Antica e le pendici dei Colli Albani.
Qui la nobile famiglia bolognese dei Boncompagni Ludovisi acquistò delle terre della Santissima Annunziata e Monastero della Purificazione (La Tenuta di Fiorano) e vi si trasferì tra la fine del ‘600 ed i primi del ‘700.tenuta_di_fiorano_la_tenutaCominciarono a produrvi vino, per uso proprio e da viti locali, intorno al 1930 ma, la svolta avvenne nel 1946, anno in cui il Principe Alberico ricevette dal padre la proprietà agricola di Fiorano. I vini lì prodotti vennero ritenuti di un profilo qualitativo non sufficiente, motivo per cui Alberico decise di avvalersi della consulenza di un famoso enologo: Giuseppe Palieri.
Sotto suo consiglio si decise di abbandonare la locale tradizione vitivinicola e di incentrare la produzione su vini di altissima qualità. Fu così che vennero innestati (pionieristicamente) sui ceppi di Fiorano il Merlot ed il Cabernet Sauvignon (in proporzioni pressocchè identiche) e, separatamente, la Malvasia di Candia ed il Sémillon.
In quegli anni anche il marchese Mario Incisa della Rocchetta lavorava su un taglio bordolese in quel di Bolgheri, ma, il Fiorano Rosso è la più vecchia bottiglia in stile bordolese prodotta ed etichettata in Italia (1956), in quanto il Sassicaia tra il 1948 ed il 1967 venne unicamente prodotto e consumato nella Tenuta San Guido.p1020181-copia-750x400Fu così che nacque il mito dei vini della Tenuta di Fiorano (prodotti in quantità limitatissime), il mito di un principe illuminato, un uomo di scienza e tecnica, pioniere ed avanguardista in un territorio tutto da scoprire: quello del Vulcano laziale.
Alberico Boncompagni Ludovisi si avvalse, come detto in precedenza, dell’enologo Palieri sino alla sua scomparsa.
L’amicizia coltivata nel tempo con Tancredi Biondi Santi e Luigi Veronelli fece sì che la produzione dei vini di Fiorano andò avanti e se ne diffuse la fama unitamente ad una serie di aneddoti e misteri che ruotavano intorno all’inviolabile cantina del principe, che aveva un carattere fortemente riservato.
Vicissitudini vollero che nel 1998 il Principe decise di spiantare l’intero vigneto senza dare spiegazione alcuna: la fine di un mito, di cui non si conoscono le reali motivazioni, che fu fatto rinascere nelle stesse terre e proprio sotto consulenza dello stesso Alberico, che intanto si era ritirato a Roma per problemi di salute.tenuta_di_fiorano_i_vignetiLa volontà di mandare avanti il mito di Fiorano fu del cugino di Alberico, Paolo, e di suo figlioAlessandrojacopo: già proprietari di una parte della Tenuta nella zona che comprende la chiesetta di Santa Fresca e la Villa vicina. Tra il 1999 e il 2004 Alessandro acquistò altri 13 ettari di terreni vicino al nucleo iniziale. Impiantò insieme al padre un vigneto sperimentale e poi, sempre con la supervisione di Alberico, che gli cedette i diritti di reimpianto, impostò un nuovo vigneto che doveva ricalcare quello in precedenza espiantato. Alessandro, allora poco più che ventenne e poco esperto, fu guidato da Alberico per la scelta dei terreni, dei cloni e dell’impianto del vigneto, fino alle operazioni di vinificazione: le stesse che continuano oggi sia nel metodo di lavorazione che nell’impiego delle maestranze.
Tuttora, dopo la raccolta manuale, le uve vengono pressate a mano, la vinificazione avviene nella Vecchia cantina, e poi il vino, per caduta, arriva alla Cantina Storica dove prosegue con l’affinamento nelle vecchie botti e il lungo riposo in bottiglia. Alberico fece applicare in tutto la sua esperienza passata ma, quando si trattò di scegliere i vitigni a bacca bianca, l’anziano cugino impose l’utilizzo di altri cloni: il Grechetto ed il Viognier. Ad Alberico successe Alessandrojacopo che oggi è alla guida della Tenuta che vanta un’estensione di 200 ettari: comprende vigneti, uliveti, terreni seminativi, pascoli e soprattutto quella Cantina Storica con i vini che gelosamente conserva al suo interno.
I vigneti della Tenuta di Fiorano si estendono su un terreno composto prevalentemente dalla pozzolana e dai sedimenti di polveri di eruzione e di trasporto riversati dal vicinissimo Vulcano laziale.
I vitigni sono stati impiantati con un’esposizione Sud ovest/Nord est che consente alle viti di ricevere la perfetta esposizione durante l’arco della giornata.vignetoDalle varietà a bacca rossa impiantate (Cabernet Sauvignon e Merlot) si ottengono il Fiorano Rosso ed il Fioranello Rosso, mentre con quelle a bacca bianca (Grechetto e Viognier) si producono il Fiorano Bianco ed il Fioranello Bianco.
Le pratiche in vigna ed in cantina rispecchiano fedelmente la tradizione storica dell’azienda, che prevede l’invecchiamento in botti di rovere di Slavonia da 10 ettolitri e un lungo periodo di affinamento in bottiglia nelle grotte naturali della storica cantina.
Adesso, a differenza di allora, c’è la voglia di far rivivere un mito e farlo conoscere al di fuori della tenuta.
Infatti Alessandrojacopo, supportato dal punto di vista agronomico ed enologico da Lorenzo Costantini, sta già programmando un estensione del vigneto dagli attuali 6 ha a 10. Quest’oggi ho avuto la fortuna di degustare il rosso meno pretenzioso dell’Azienda, il Fioranello Rosso.
Prende il nome, come l’omonimo Bianco, dalla strada di accesso alla Tenuta, una traversa della Via Appia Antica.
È ottenuto da Cabernet Sauvignon in purezza, allevato in regime biologico, a contro spalliera e con potatura a cordone speronato.
La densità d’impianto si aggira intorno ai 4500 ceppi/ha, con una resa massima di circa 60 q/ha. tenuta-di-fiorano-gallery-vini-05Le uve vengono vinificate in acciaio a temperatura controllata, con la macerazione pellicolare che si protrae per tutta la durata della fermentazione alcolica, cui segue la malolattica. Successivamente il vino viene elevato in botti di rovere per 12 mesi, con una ulteriore sosta in bottiglia di 6 mesi prima della commercializzazione.
Nel calice si presenta con una vivace e fitta veste rubino dall’orlo granato, composta nelle roteazioni del calice.
Al naso affascina per profumi che ricordano le more, i mirtilli, le violette di campo, la radice di liquirizia ed una leggera nota balsamica.
Il sorso è morbido ed avvolgente, sorretto da una buona freschezza, tannini risoluti ed una piacevole scia sapida.
Di grande equilibrio gustativo, e con una piacevole e lunga chiusura di bocca che richiama soprattutto le note fruttate e la liquirizia.funghi-porcini-ricettaHo avuto modo di apprezzare il Fioranello rosso in un calice abbastanza voluminoso e di media apertura, ad una temperatura che idealmente dovrebbe aggirarsi intorno ai 16°C. Personalmente lo abbinerei ad un piatto di Pappardelle con Provola affumicata, Porcini e Patate.
Rubrica a cura di: Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia, Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina