A Santa Maria Capua Vetere c’è una persona di quelle che vivendo mélange inediti di mestieri, ci ricordano come la scelta del lavoro dovrebbe essere prima di tutto espressione di una personale idea sulla vita. Si tratta di Nicoletta Porzio, psicologa e artigiana, che ci fa entrare nel suo antro di “Creazioni etniche”, un luogo di manufatti e riflessioni.
–Qual è la tua definizione di découpage? Découpage per me vuol dire dare a nuova vita a qualcosa che nel tempo ha perso il suo iniziale valore sia oggettivo sia soggettivo. “Ridare vita” vuol dire restituire a quell’ oggetto qualcosa di nostro: nei miei studi di psicologia spesso ho incontrato il termine “restituire”, ma inizialmente ad esso davo il semplice significato di ” ridare”, poi con il tempo ho appreso che ” restituire” vuol dire caricare della propria vita e delle proprie esperienze un qualcosa, sia esso un messaggio o una creazione. Quindi découpage significa per me prendere qualcosa, investirla di ciò che mi caratterizza e donarle nuova vita senza intaccarne il passato, ovvero l’essenza originaria .
–Perché hai chiamato la tua attività “Creazioni etniche”? Il mondo etnico mi ha sempre affascinato e“Creazioni etniche” nasce da una mia passione e ammirazione per i “mondi caldi”, cioè il sole, la terra, l’acqua e tanti materiali naturali, che donano profumo a una casa. Di queste diverse fonti di sensazioni cerco di informare gli oggetti che creo: per esempio, il calore del sole è espresso in una candela accesa…
– Il découpage può essere considerato una maniera di vedere gli oggetti erede dei “tempi di una volta”, quelli senza consumismo in cui “non si butta via niente”? Penso che il découpage resti solo un modo di dare libero sfogo alla propria voglia di creare con poco e ottenere grandi risultati. Ritagliare, creare, reciclare sono tecniche di risparmio fino a un certo punto, ma per chi ne fa la base su cui lavorare e investire amore in vista di bellezza e valore, rappresentano una vera e propria sfida.
– Come ti nasce un’idea per un nuovo oggetto o per la rielaborazione di uno già esistente? A cosa ti ispiri? Immagino cosa in quel momento mi dà serenità e cosa può rappresentarmi. Creare un nuovo oggetto è come andare in terapia dallo psicologo: ogni incontro tira fuori qualcosa di nuovo e di inaspettato, così ogni manufatto passa dallo stato inconscio a quello conscio senza nessuna limitazione dell’ io.
– Una canzone di Vecchioni dice:- “Voglio una donna con la gonna.”. Oggi, infatti, la Donna è una persona che fa carriera, che porta i pantaloni, che passa la giornata tra meeting, breefing e brain storming. Secondo te dedicarsi a questo tipo di amore per gli oggetti potrebbe farle ritrovare il senso del focolare domestico? Non credo che le donne oggi rinuncerebbero alla notorietà per un lavoro del genere. D’altra parte ognuno di noi soddisfa i propri bisogni coltivando interessi che, come diceva lo psicologo Maslow, vanno classificati un ordine di importanza soggettiva.
– Quanto questo tipo di creazioni è in grado di personalizzare l’arredamento di una casa e con quanto risparmio? Queste creazioni credo diano calore alla casa nella misura in cui chi le usa le sa caricare di libido personale, cioè del piacere di guardarle e fruirne: questi sono oggetti che hanno bisogno di sentirsi vivi e come tali vanno considerati; hanno una loro essenza, una loro anima e questa sprigiona calore che, se trascurato, poi finisce per spegnersi e diventare sterile, a quel punto, nulla crea arredamento e nulla abbellisce, anzi si genera disordine e ingombro.
– Educare la manualità è una pratica che la gente pensa essere propria solo dei bambini, in realtà fa bene alla mente di tutti… Educare alla manualità è qualcosa di terapeutico, anche se spesso non le si attribuisce così tanto valore medico. Il mio primo impatto con la cura della mente è stato proprio in una casa di cura di riabilitazione psichiatrica, dove tra i miei compiti di tirocinante psicologa c’era proprio quello di accompagnare i pazienti al laboratorio di ceramica: qui creavano ogni forma e a questa attribuivano i più svariati significati e nomignoli. Ho visto come la manualità li conduceva fuori quel mondo di dolore, ho visto come riuscivano a sentirsi fieri e sopratutto protetti nella loro libertà di creare. Un giorno quand’ero all’università un professore ci parlò di un posto: il posto delle fragole, come nel film di Bergman. Inizialmente per noi fu strano, poi cominciammo a capire che quel posto è un ” luogo” fisico, mentale, reale o immaginario nel quale possiamo trovare ristoro, pace, benessere: può stare in una chiacchierata con gli amici, in una birra, in una passeggiata, in una lettura… Per me è creare oggetti etnici, per me ogni creazioni prende vita nel posto delle fragole.
I manufatti della dott.ssa Porzio sono acquistabili, le immagini qui riportate ne mostrano degli esemplari. Per ulteriori informazioni contattare il 3392248746