Sabato con l’identità vesuviana. Il 3 settembre a Ottaviano ribolle il “Magma”.

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“ ‘A terra e ll’acqua vogl’’io, nun voglio cchiù niente.” Così esclama Azzurro Giuseppe. E nella sua frase riecheggiano secoli e secoli di una tradizione che parte dai nostri padri antichi romani: la terra è lo zoccolo duro, punto di riferimento qualunque cosa accada da quando il modello del bonus agricola bonusque colonus era uno status talmente fondamentale per un cittadino romano che per dimostrare l’alto valore del console Cincinnato, si tramanda che nel tempo in cui gli fu conferita la carica di dittatore per la guerra, i messi del Senato lo trovarono a coltivare il suo campicello.

“Magma”, prodotto da Emanuele Coppola con la regìa di Carlo Luglio, sarà proiettato il 3 settembre al Palazzo Mediceo, con la presentazione e l’organizzazione della promotrice culturale Rossella Carillo, la presenza del Sindaco Luca Capasso e la partecipazione di Stefano Prisco, presidente de “Le strade del vino”. E’ la testimonianza viva della gente che porta avanti un fatto innegabile: la terra e la tradizione contadina sono il simbolo e lo spirito italiano, del Sud e del territorio sommese, in cui è ambientato il docufilm. Ernesto de Martino, etnologo napoletano,  che nelle sue analisi sui popoli meridionali negli anni ’60-70 raccontava la fenomenologìa della cultura popolare, oggi troverebbe questi figli del profondo Sud progrediti rispetto a quei loro parenti, se non altro perché i comportamenti di Zi’ Chicchina e Zi’ Riccardo non sono più un automatismo, si sono trasformati in consapevolezza della conservazione di un’identità, spiegata dalla frase di uno dei protagonisti:-“ Un popolo senza tradizione è zero”. Serbano il valore della festa come occasione di riunione e di conferma di un legame sociale, in cui si superano momenti critici della comunità e si riattiva la ciclicità dello scorrere della vita: sanno che quell’allegrìa, quei canti, il vino e tutto quanto connesso al rito, sempre rimarranno a ribadire un modo di essere in cui affonda la loro sicurezza, a protezione dai cambiamenti, metabolizzati e riassorbiti tramite la tradizione. Nonostante- come dice zi’ Francesca- “’e ffemmene ‘e ogge so’ tutte zoccole, faticano matino, miezojuorno e sera”.

“’O papa cummanna, ‘o prieveto obbedisce e ‘o popolo patisce”. E qui la visceralità di secoli di tradizione popolare dilaga. :-“A me è stata tutt’’a vita pe’ me fa ‘na casarella”; “la cosa più bella della mia vita, che ho avuto ventidue bambini e l’ho insegnato i canti in dialetto” “la felicità di tutti quanti insieme è quando balliamo e cantiamo sulla montagna”, sono le soddisfazioni di persone che si godono la festa prima che “‘a muntagna” si risvegli: il Vesuvio è un totem, una persona: isso “tene ‘ncuorpo ‘o zurfo, l’oro e l’argiento”. Il “magma” sta nel suo ventre come nel ventre umano, in cui vive l’istinto, la ragione soccombe e vengono fuori parole come “’ntruppecare”, piena di suono relativo all’aggrovigliamento all’inciampo (quando sulla ferita si metteva il terreno) e la frenesìa della tammorra, di cui durante la serata si avrà un’esibizione di “Zi’ Riccardo e le donne della tammorra”.

 “Somma ha bisogno di volani che le consentano di ritornare ai fasti di un tempo. Questa città ha visto passare angioini, aragonesi, romani, longobardi, svevi, tutte le case reali. Potrebbe vivere di cultura, di turismo. Potrebbe davvero, con pochi ma mirati sforzi, diventare Città d’Arte e rientrare in quel percorso turistico che già abbraccia Pompei, Ercolano e altre zone del vesuviano»-dice Emanuele Coppola (intervista a Il Mediano). Serve al nostro territorio qualcuno che si prodighi in operazioni di riscoperta e promozione della cultura vesuviana sul modello ad esempio di quelle di Roberto De Simone per il napoletano: “Magma” è un punto di partenza imprescindibile.