Nobel teacher prize, il primo riconoscimento italiano e mondiale per gli insegnanti

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Buone davvero queste iniziative che scelgono di premiare gli insegnanti. L’italian teacher prize è la longa manus del Global teacher prize, un riconoscimento indetto da un magnate e insegnante indiano, Sunny Varkey e ripreso dal Ministro dell’Istruzione Giannini, per evidenziare la bravura di chi lavora dietro le quinte per costruire uomini e donne consapevoli. “Quando abbiamo lanciato il Global Teacher Prize non avevamo come obiettivo quello di trovare il miglior insegnante al mondo, ma volevamo creare un movimento che portasse alla luce le migliaia di storie di eroi che hanno trasformato le vite di tanti giovani. Volevamo mettere sotto i riflettori il lavoro incredibile che gli insegnanti fanno in tutto il mondo ogni giorno”, ha sottolineato. Dunque fino al primo ottobre chiunque (tra allievi, genitori, terzi) potrà candidare il proprio insegnante del cuore: ai vincitori andranno 50000 euro da destinare a progetti per le rispettive scuole di appartenenza (regolamento e termini sul sito http://www.italianteacherprize.it/site/it/home-page/) .

Oltre queste sporadiche prese di coscienza, urge una valorizzazione costante della figura del Maestro all’interno della società, cosa che oggi è rara sia da parte dei ragazzi sia da parte dei genitori e delle istituzioni. E non c’è niente da fare, la gratificazione passa sì per la buona riuscita della classe e dei singoli alunni, ma il successo umano non basterà mai se non è parallelo a quello economico: dopo le fatiche compiute (e quelle per far crescere le relazioni umane prendono veramente tutto il sangue nelle vene), una persona ha il diritto di avere uno stipendio che le permetta di “spendere & mettere da parte” e non di vivere solo il necessario. Si vedano i compensi dei professori in paesi come la Germania o l’Inghilterra e si consideri come ormai da noi scegliere di diventare insegnante significhi quasi andare a farsi prete:-“Ma come?! Ma che dici?!”. Come se si andasse a fare un mestiere per beneficenza. Senza contare poi l’arretratezza dei programmi ministeriali italiani, per cui veramente spetta al singolo docente “eroe” trasmettere all’allievo uno sguardo sperimentale, nuovo, fresco, interdisciplinare alla cultura.

E’ vero, fare l’insegnante è una missione, significa accollarsi la responsabilità della crescita non solo del sapere ma anche della psicologìa di un ragazzo– essendo entrambi gli aspetti compresi nella parola “cultura”- e imparare da loro, nella più bella accezione socratica dell’insegnamento, che è uno scambio, un dialogo per venire a scoprire il senso delle cose. Non si deve permettere che diventi un sacrificio per chi ogni giorno varca la soglia di una scuola e non per forza ci si deve sentire martiri. Certo, si annnoverano anche quelli che si lavano le mani del proprio mestiere e lo vedono come un modo per occupare un posto fisso, i famosi professori che “vengono in classe per leggere il giornale”, ma di Maria Montessori ce ne sono tanti/e per l’Italia e per il mondo e magari non cercano neanche la fama di un premio, ma ci sono, come la precedente vincitrice del nobelprize, l’insegnante palestinese Hanan Al Hroub, che insegna ai bambini in un campo profughi. Tutti, dagli italiani ai palestinesi, aspettano solo di lavorare in condizioni migliori.