L’anima ghiotta di Salerno

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Da oltre  mezzo secolo l’essenza della cucina cittadina nei piatti di Matteo Bonavita della Trattoria e  Pizzeria Vicolo della Neve del centro storico

Ci vogliono buone gambe, vista aguzza e palato molto sensibile. Partire alla ricerca dell’anima golosa di Salerno non è impresa facile. L’unica città della Campania che può permettersi di competere con Napoli (nelle ultime elezioni regionali ci è riuscita con una bella prova di forza) non possiede, purtroppo, una chiara e definita identità gastronomica.

Matteo Bonavita
Matteo Bonavita

Per cui diventa un esercizio molto complicato quello di cercare le radici più profonde della sua cucina o trovare un ristorante dove poter capire quali e quanti piatti arrivano direttamente dalla tradizione locale. Ma se uno si perde nel dedalo delle viuzze del centro storico, interessato da una efficace riqualificazione urbana, tra via dei Mercanti ed il bellissimo Duomo dedicato al santo patrono allora gli potrà capitare di notare un’antichissima trattoria al numero 24 del Vicolo della Neve. Li potrà capire che il cuore ed il volto della cucina salernitana è uno solo, quello di Matteo Bonavita, titolare della trattoria da oltre cinquant’anni. La trattoria si trova in quel posto da circa settecento anni e in tutti questi secoli è passata per le mani di tre o quattro famiglie che hanno sfamato e fatto bere gli avventori che arrivavano dal vicino porto. E’ tra quelle mura, che hanno visto il passaggio di numerosi personaggi illustri, che è racchiuso il segreto della Salerno ghiotta. O meglio, il segreto è ben visibile nello sguardo sereno ma sicuro ed intelligente di don Matteo che, aiutato dal figlio Raffaele, propone da oltre mezzo secolo l’essenza della cucina cittadina. Un’essenza racchiusa nello scrigno della tradizione partenopea che a distanza di 50 chilometri fa sentire tutto il peso della sua importanza, a partire dai dolci che qui sono i napoletanissimi babà e pastiera.

scarola imbottita
scarola imbottita

Certo l’estesissima  provincia di Salerno ha una sua precisa identità gastronomica che passa per il ragù di castrato o la ciambotta cilentana, per le alici di Menaica, per i numerosi formaggi di capra o i prelibati salumi come la soppressata di Gioi e le tante bontà figlie di un agricoltura povera ma di qualità. Ma il centro cittadino resta un territorio che esprime ben poco rispetto all’enorme potenzialità della sua provincia. E Bonavita è stato molto bravo a valorizzare questo limite, facendolo diventare una vera e propria risorsa, una particolarità, interpretando gli antichi sapori della cucina partenopea in modo assolutamente tradizionale. Alla trattoria e pizzeria del Vicolo della Neve, aperta solo di sera, si propone la pasta e fagioli preparata nel tardo pomeriggio e ripassata nel forno delle pizze in piccoli tegami di rame. Neanche nelle antiche trattorie di Napoli si trova più questa speciale pasta e fagioli (preparata rigorosamente con il lardo) che prende il sapore unico della  bruciacchiatura del forno. E cosi di seguito con la sontuosa parmigiana di melanzane, con i peperoni ripieni, nel periodo giusto la scarola imbottita, la ciambotta cilentana, il baccalà con pomodorini, capperi e olive accompagnato dalle patate “arrecanate”, con l’origano, e ancora la trippa, le polpette, la cotica di maiale e la salsiccia al sugo, il polpo con pomodorini o all’insalata, i broccoli saltati e a secondo della stagione le scarole ripiene, i carciofi di Paestum, i cicinielli (bianchetti), comunque tutto ripassato al forno nei tegami di rame.

pizza con la scarola
pizza con la scarola

Capitolo a parte quello delle pizze  che sono molto diverse dalle cugine napoletane. Impasto più leggero e fragrante e ingredienti originali a partire dal ripieno con l’uovo per finire con quello con le scarole, alici capperi e olive nere. Anche qui la margherita è la regina delle pizze, ma la particolarità è quella con le scarole che tutti i locali cittadini hanno imparato ad imitare. Il rapporto qualità prezzo è ottimo con un servizio veloce ma attento. Le storiche sale che hanno visto un giovane Matteo Bonavita servire il poeta Alfonso Gatto, lo scrittore Domenico Rea o Eduardo De Filippo, tanto per citarne alcuni, continuano ad essere frequentate da intellettuali e personaggi di passaggio che sono alla ricerca di sapori perduti a Napoli e ritrovati a Salerno.

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