La picchiavano con una cinghia, dopo averla legata mani e piedi, le gettavano addosso secchi d’acqua ghiacciata o la buttavano sotto la doccia bollente. Violenze e sevizie inaudite, ipotizzano gli inquirenti, erano un mezzo per far tacere la figlia della donna finita ai domiciliari e figliastra del suo compagno, in carcere a Torino. Nell’ordinanza che da due giorni blocca i coniugi di Cellole ci sono stupri ripetuti ai danni della ragazzina che quando sono iniziate le violenze aveva solo undici anni, torture e percosse. Poi le insegnanti della ragazzina si sono accorte che qualcosa non andava, man mano hanno conquistato la sua fiducia e, finalmente, alcuni mesi fa, la vittima ha denunciato i suoi aguzzini e ha ricostruito anni di violenza. Da alcuni mesi è affidata ai servizi sociali. Ora è al sicuro e sua madre e il suo compagno sono stati fermati.
Nel corso delle indagini, però, in quella casa di Mondragone che per anni è stata un teatro di torture e violenze sessuali, la polizia ha sequestrato del materiale sul quale il lavoro degli investigatori non può fermarsi.
Il gip Corinna Forte scrive di «decine e decine di filmati pornografici comprendenti scene di sesso violento e di stupri, simili a quelli descritti dalla vittima». Ma non è tutto. «Nelle foto e nei filmati amatoriali, – si legge ancora negli atti – si vedono un uomo e una donna nudi, ma i loro volti non sono volutamente inquadrati. Potrebbe trattarsi degli indagati», conclude il gip, ma anche di altre persone. È su questa ipotesi che si concentra l’attività degli investigatori. Gli orchi di Mondragone potrebbero avere avuto altre vittime. Il lavoro degli inquirenti va avanti e rischia di alzare il velo su altri scenari di violenza e soprusi forse mai denunciati dalle vittime.