Toscana Bianco IGT, Annita, Il Rio, 2014
Ci troviamo tra il comune di Vicchio di Mugello e l’Appennino Tosco-Romagnolo. È qui che Paolo Cerrini, ex artigiano orafo di Firenze ed appassionato per l’agricoltura, ha iniziato a studiare ed a vinificare delle uve della piccola vigna di proprietà (0,5 ha).
In quelle campagne dalla scarsa tradizione vitivinicola, dove da ragazzo scorrazzava in bici, venivano allevate le stesse uve del Chianti ma con scarsi risultati.
Il problema maggiore era la differenza di temperatura (in media di 5°C inferiore) che non consentiva una maturazione ottimale delle uve.
Già nel 1800 Vittorio degli Albizi, a Pomino, aveva fatto esperimenti con vitigni francesi, gli stessi che suggerì Marco De Grazia, amico di Paolo in primis nonchè esportatore ed attualmente produttore.
Fu così che Paolo nel ’92 decise di impiantare Chardonnay, Pinot Nero e Sauvignon Blanc: varietà che ben si adattano al terreno argilloso ed al clima continentale con forti escursioni termiche giorno/notte che caratterizzano l’arele del Mugello.
La continua sperimentazione ed il confronto con professionisti del settore lo portano all’incontro con la sua attuale compagna di vita e di avventure Manuela Villimburgo.
La produzione, inizialmente per consumo familiare, si è espansa successivamente a livello commerciale grazie ai risultati sempre più incoraggianti di fine anni ’90. Parte del merito va al supporto dell’agronomo piemontese Fabrizio Prosperi (che tuttora supervisiona l’andamento dei vigneti), una parte all’aiuto di amici enologi come Beppe Rigoli e Claudio Gori e di personaggi del calibro di Franz Haas, un’altra ancora a Fabio Bellucci esperto di materiali, attrezzature ed impianti per l’enologia.
In questo lasso di tempo Paolo ha avuto modo di affinare le sue tecniche di coltura/allevamento e vinificazione, e di munirsi delle attrezzature necessarie e sufficienti da utilizzare nella cantina ricavata nei locali del casale originario Il Rio, uno dei poderi storici della Fattoria di Molezzano.
Alla fine degli anni ’90 i commenti positivi ed entusiastici sui vini hanno spinto Paolo ad acquistare e riconvertire un’altra vigna di circa 1,5 ha, Le Panche, nel 2001 ed a fondare l’Azienda Agricola Il Rio nel 2003.
Stesse varietà, stesso sistema di allevamento a spalliera con potatura a guyot, su ispirazione del metodo borgognone, e disposizione della chioma su due pareti (lyra modificata), in modo da avere una doppia superficie di irraggiamento.
Tutte le lavorazioni tra i filari, rigorosamente manuali, avvengono nel pieno rispetto dell’ecosistema vigna e comunque volte a ridurre gli interventi in cantina allo stretto necessario.
Il suolo viene concimato con sovescio a filari alterni, per consentire nei filari non concimati l’inerbimento e lo sfalcio tardivo, permettendo alla flora spontanea di completare il proprio ciclo.
La potatura secca è orientata ad una produzione di 1-1,5 kg di uva per ceppo e la gestione della chioma è volta a favorire la produzione di tralci secondari ed avere foglie in piena attività al momento della maturazione dell’uva. A ciò si aggiungono trattamenti con preparati il più possibile naturali come i fosfiti di potassio, il rame, la bentonite, lo zolfo in polvere…..
Il tutto si traduce in una esigua produzione di circa 12000 bt suddivise in 4 etichette.
Quest’oggi ho avuto la fortuna di degustare L’Annita 2014.
È un vino nato per caso nel 2002, un’annata molto piovosa. Le uve Chardonnay erano piene di marciume e botrite e la produzione aziendale di allora era così esigua da non riuscire a riempire una sola barrique. La soluzione di Paolo fu aggiungere succo di Pinot nero, vinificato in bianco: et voilà, nacque Annita.
Dalla casualità si è passati ad un idea di vino ben precisa. Le uve, rigorosamente selezionate in vigna, vengono raccolte solitamente a metà settembre.
Lo Chardonnay effettua una macerazione pre-fermentativa a freddo mentre il Pinot Nero viene vinificato in bianco. Successivamente viene assemblato il vino nelle rispettive percentuali del 70 e 30%, dopo di chè passa in barrique per 3 mesi: periodo durante il quale avviene la fermentazione alcolica e parzialmente quella malolattica.
Successivamente il vino sosta in bottiglia per ulteriori 6 mesi prima della commercializzazione.
3 sole barriques, per una produzione inferiore alle 1000 bt/anno.
Nel calice il vino si presenta con una vivace e consistente veste paglierina.
Al naso si percepiscono note agrumate, di cantalupo, nespola, richiami erbacei e gessosi, con una leggerissima nota boisè di fondo.
Il sorso è generoso e morbido, sorretto da una buona freschezza ed una piacevole sapidità, con una lunga chiusura che inducia su rimandi fruttati e e minerali.
Ho avuto modo di apprezzare l’Annita in un calice abbastanza voluminoso e di media apertura intorno ai 10/12°C.
Personalmente lo abbinerei al “Delicato Sorrentino” dello Chef Peppe Guida. Rubrica a cura di: Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia, Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina