Da pochi giorni è ufficialmente entrata in vigore nell’intera Unione Europea la Direttiva 2014/40/UE del Parlamento Europeo in materia di leggi antifumo. L’obiettivo dell’Unione è l’adeguamento delle varie normative statali ad uno standard europeo che incentivi i cittadini ad abbandonare uno dei vizi più diffusi nel continente e più difficili da abbandonare. L’Italia si è ancora una volta dimostrata un paese molto attento alla problematica, recependo la Direttiva con qualche mese di anticipo rispetto alla deadline dettata dal Parlamento Europeo.
Cosa prevedono le nuove norme?
I nuovi obblighi introdotti per i produttori ed i consumatori sono molteplici e hanno lo scopo di allontanare il maggior numero possibile di persone dal pacchetto di sigarette, mettendo in chiaro che il fumo ha solo ed esclusivamente effetti negativi per la salute e nessun beneficio. Innanzitutto, oltre alle già presenti avvertenze poste in bella mostra sui pacchetti di sigarette, verranno aggiunte immagini a colori rappresentanti i molteplici effetti deleteri del fumo sull’organismo, arrivando così a coprire almeno il 65% dell’involucro esterno. Per far diminuire il numero di persone che potrebbero potenzialmente avvicinarsi all’uso delle bionde, vengono aboliti i pacchetti da dieci sigarette, lasciando in commercio un unico formato da venti e viene introdotto il divieto di aggiungere aromi ed additivi particolari, come quelli alle erbe o alla frutta, per rendere quanto meno gradevole possibile il gusto del fumo. In più, subisce un completo restyling anche la parte del pacchetto dedicata alle informazioni sulla composizione del prodotto, in quanto è fatto divieto di fornire i dati relativi al contenuto in nicotina, monossido di carbonio e catrame. Quest’ultima disposizione, che potrebbe apparire quantomeno controversa, è stata introdotta per porre il consumatore di fronte ad un out-out, perché, mentre fino ad oggi era possibile acquistare un prodotto tra i tanti altri a minor contenuto di sostanze nocive, illudendosi di trarne un beneficio, oggi l’Unione Europea fa passare il messaggio per cui il fumo in sé fa male e l’unico metodo per depurare l’organismo è smettere di fumare.
I numeri del fumo
L’obiettivo a livello mondiale è stato fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la quale auspica una riduzione del 30% della prevalenza dei fumatori entro il quarto di secolo, mentre in Italia il Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018 punta a una riduzione della prevalenza di dieci punti percentuali entro il 2018. Il target da raggiungere è
senza dubbio ambizioso, ma non utopico, visto che le stime più recenti danno i fumatori in continua decrescita, tanto che si è passati dal 30% del 2008 al 26.5% del 2015, con gli uomini che fumano sempre più delle donne. La Campania, insieme ad Umbria e Lazio, rappresenta però il fanalino di coda nella campagna antifumo, essendo i fumatori il 29.4% dell’intera popolazione e rimanendo, quindi, sui livelli che su scala nazionale si registravano otto anni fa. Questi numeri negativi sembrano essere dovuti più ad una scarsa attenzione da parte della popolazione verso i rischi del fumo, che ad un disinteresse da parte degli operatori sanitari. Tanto è vero se si considera che più del 56% dei fumatori campani ha ricevuto dal proprio medico un invito a smettere di fumare, a fronte del 51% che rappresenta il dato nazionale. Negli anni è cambiato anche l’identikit del fumatore tipo, perché, se prima l’usanza di fumare tabacco era trasversale nella popolazione, oggi si può osservare che la dipendenza dal fumo è di gran lunga più presente tra quelle persone che hanno un livello di istruzione più basso – 31.6% tra coloro che hanno la licenza media inferiore contro il 20.1% dei laureati – e tra i soggetti che vivono in difficoltà economiche.
La sigaretta: un cocktail micidiale
In relazione a quest’ultima affermazione, i prezzi crescenti dei pacchetti di sigarette potrebbero sembrare un buon deterrente ed un valido alleato delle campagne antifumo, perché se la disponibilità economica di molti fumatori è bassa e, contemporaneamente, i prezzi si innalzano, ciò può portare ad una riduzione dei consumi. In realtà molteplici studi su vasta scala smentiscono fermamente questo assioma. Questo effetto, difatti, non si ha, perché il fumatore abituale è una persona assuefatta ad una sostanza su tutte, la nicotina, che agisce sui circuiti neuronali, aumentando il senso del piacere ed innescando un circuito a feedback positivo per cui più se ne consuma e più se ne cerca altra, a dispetto di prezzi alti ed impedimenti vari. Ma la nicotina non è in assoluto la sostanza chimica più dannosa contenuta nelle sigarette, dato che esse contengono circa 600 composti e durante la combustione ne generano più di 7000 e almeno 69 di questi sono riconosciuti come
cancerogeni dall’OMS. La gamma di neoplasie che potenzialmente possono essere favorite dal fumo di sigaretta è davvero vastissima, essendo il fumo tra le cause del cancro al polmone, al pancreas, al cavo orale, alla gola, alla laringe, all’esofago e via discorrendo. Altri danni molto frequenti sono quelli causati al sistema cardiovascolare, con progressivo abbassamento dei livelli di “colesterolo buono” HDL ed innalzamento dei valori della pressione arteriosa. Tuttavia questi sono solo alcuni dei tantissimi effetti negativi del fumo, che colpisce l’organismo a trecentosessanta gradi, coinvolgendo numerosi organi ed apparati e causando danni spesso irreversibili. Tutto ciò, oltre ad aumentare la mortalità, costituisce un imponente aggravio per le casse dello Stato e del Sistema Sanitario Nazionale che, tramite il Ministero della Salute, negli ultimi decenni sta promuovendo sempre più le campagne antifumo, così da aumentare la qualità della vita delle persone e riducendo contemporaneamente i costi della sanità pubblica.