L’ allattamento è una delle caratteristiche distintive dei mammiferi, sviluppatasi nel corso millenario dell’evoluzione per garantire prospettive di crescita efficaci. Seppure negli ultimi anni la tendenza alle nuove tecnologie ed all’uso di metodi artificiali si stia espandendo anche all’ambito del rapporto tra madre e neonato, come spesso a accade, i metodi naturali rimangono i migliori possibili.
Una necessità ancestrale
Il latte materno è una sospensione di composti altamente nutritivi, che è naturalmente regolata nella sua composizione per offrire una alimentazione adeguata al poppante nei primi mesi della sua vita extrauterina. Infatti, se fino a poco prima del parto il nascituro non deve mobilitarsi per soddisfare il proprio fabbisogno nutrizionale, una delle più grandi sfide da vincere dopo il taglio del cordone ombelicale è quella riguardante l’approvvigionamento nutrizionale. Sebbene il neonato abbia accumulato prima della nascita delle riserve alimentari nel proprio organismo, la necessità della prima poppata giunge presto, solitamente entro 1 ora e mezza dalla nascita. Proprio in previsione di questa esigenza del neonato la American Academy of Pediatrics consiglia di lasciare il bambino sano in contatto con la madre subito dopo il parto, rimandando il taglio del cordone ombelicale e le procedure accessorie ad un secondo momento.
I vantaggi per il bambino
Diversi studi hanno evidenziato gli effetti positivi che l’allattamento al seno, a partire dalle prime ore di vita, sortisce sul bambino. Di fatti il latte materno, oltre a contenere sostanze essenziali per la crescita, come proteine, lipidi e zuccheri, è l’unica fonte di anticorpi per il neonato, che necessita di iniziare a costruire un proprio sistema immunitario. Le immunoglobuline G sono degli anticorpi fondamentali perché sono gli unici capaci di attraversare la placenta, ma un ruolo importantissimo è svolto dalle immunoglobuline A, che si ritrovano nel latte materno e fanno sì che il bambino possa ereditare le difese immunitarie che la madre ha precedentemente sviluppato. Il latte materno ha un’altra importante caratteristica, che nessun prodotto artificiale può emulare, ovvero è soggetto a naturali variazioni di composizione nel tempo, passando da colostro –il più ricco in anticorpi e
leucociti-, che rappresenta il latte della prima settimana, al latte di transizione, per giungere infine al latte maturo, che viene prodotto dall’inizio della terza settimana dalla nascita del neonato. Queste variazioni di composizione vengono attuate spontaneamente dall’organismo materno per fornire al nuovo nato le sostanze di cui necessita durante i primi mesi di vita. L’atto della suzione ha anche un significato emotivo importante, perché rafforza il legame dell’asse madre-figlio che, per quanto nell’uomo sia caratterizzato da una forte componente razionale, rimane pur sempre un meccanismo istintivo, soprattutto se lo si osserva dal lato del neonato. Numerosi studi, inoltre, hanno messo in evidenza come i bambini allattati al seno materno vadano incontro più raramente a infezioni dell’orecchio, malattie respiratorie, diarrea e morte infantile ed è stato notato come essi ottengano punteggi al test del Quoziente Intellettivo mediamente più alti rispetto ai bambini che non sono stati allattati direttamente dalla propria madre.
I vantaggi per la madre
Non è, però, solo la madre ad aiutare il bambino, ma l’allattamento al seno aiuta la stessa donna ad affrontare meglio il suo ruolo di madre nel primo periodo di vita di suo figlio. Questo perché il contatto col bambino, ed ancor di più l’atto della suzione, inducono l’ipotalamo della madre ad aumentare la produzione di ossitocina, che in questo frangente si rivela essere un ormone essenziale. L’ossitocina, infatti, aiuta ad innalzare la temperatura del seno, mantenendo stabile quella corporea del bambino, stimola la produzione di latte, riduce lo stress e aumenta l’attaccamento al proprio piccolo da parte della mamma. Tutte queste caratteristiche non possono essere efficacemente emulate dall’ossitocina sintetica, perché questa, a differenza dell’ossitocina prodotta dall’ipotalamo, non può passare attraverso la barriera emato-encefalica del sistema nervoso, producendo effetti molto ridotti. Per di più, l’ossitocina aiuta anche la madre a recuperare la propria forma dopo i cambiamenti indotti dal parto perché aumenta il dispendio energetico dell’organismo. È stato poi dimostrato che l’allattamento al seno è un fattore protettivo contro alcune patologie, quali l’osteoporosi ed il cancro al seno ed all’ovaio.
I tempi giusti dell’allattamento al seno
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia di protrarre l’allattamento al seno anche fino al secondo anno di vita del bambino, integrando dal sesto mese in poi le poppate con alimenti solidi. Difatti è assodato che non esiste un’età specifica alla quale l’allattamento debba essere interrotto, ma questo limite deve essere posto semplicemente dall’attenzione della madre, che riesce a comprendere da sé quando il bambino è pronto a distaccarsi da questa pratica. E’ stato anche osservato che l’utilizzo di biberon appositi per il neonato è controproducente, perché questi non permettono un corretto sviluppo dei muscoli necessari per la suzione e, quando il bambino viene poi allattato al seno dalla propria madre, non riesce ad estrapolare in modo efficace il latte, provocando in via riflessa anche un ridotto stimolo materno alla lattazione. Quindi, almeno per i primi sei mesi, l’allattamento al seno dovrebbe essere esclusivo, nonché sufficiente e pienamente ottimale per soddisfare le esigenze nutritizie ed anche relazionali del bambino nei confronti della propria madre.