La crisi che morde dal 2008, ha avuto come conseguenza diretta più evidente: l’impoverimento di fasce sempre crescenti della popolazione italiana. I diversi indicatori economici, raccontano quotidianamente la crescente rarefazione delle condizioni socio-economiche di una parte della popolazione. Rarefazione più accentuata ed evidente nel nostro mezzogiorno.
Basta scorrere i molteplici studi e le innumerevoli ricerche riguardanti il quadro complessivo sia macro che micro economico, per comprendere appieno la vastità e la complessità della crisi attuale: 1) per la crisi, tra il 2008 e il 2012 hanno chiuso circa 9mila imprese storiche, con più di 50 anni di attività. Si tratta di 1 impresa storica su 4 (fonte: Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza); 2) nel periodo 2012-13, si è avuta una contrazione record dei consumi di -7,8% (fonte: Federconsumatori). Cio’ equivale ad una caduta complessiva della spesa delle famiglie di circa 56 miliardi di euro; il biennio 2012-2013 e’ stato per i consumi “senza dubbio il peggiore, sono tornati indietro ai livelli del dopoguerra” (fonte: Codacons). Cali maggiori per abiti, mobili e alimentari; 3) Il tasso di disoccupazione a gennaio 2014 è balzato al 12,9%. I disoccupati sfiorano i 3,3 milioni (fonte: Istat). E’ il tasso più alto sia dall’inizio delle serie mensili, gennaio 2004. Disoccupazione giovanile: e’ record anche il tasso di disoccupazione dei 15-24enni: a gennaio 2014 è pari al 42,4%. Nell’Eurozona per il 2013 le stime confermano una disoccupazione al 12,3%, e per il 2014 al 12,4% (fonte Bce); 4)nel primo semestre 2013 si sono registrate 6.500 nuove procedure fallimentari, in aumento +5,9% rispetto allo scorso anno; 5) in 6 anni sparite in Italia 134 mila imprese (Cgia); 6) nel 2012, la povertà ha colpito il 6,8% delle famiglie e l’8% degli individui. I poveri in senso assoluto sono raddoppiati dal 2005 e triplicati nelle regioni del Nord (dal 2,5% al 6,4%). E’ quanto emerge dal quarto Rapporto sulla Coesione sociale presentato da Inps, Istat e ministero del Lavoro.
E si potrebbe continuare ancora analizzando diversi altri indicatori.
In un quadro simile, il ruolo della politica è fondamentale. Perché la politica dovrebbe (deve) trovare efficaci soluzioni di medio periodo i problemi urgenti dei cittadini, mettendo in campo proposte ed azioni rivolte a semplificarne e migliorarne la vita; arginando nel contempo i fattori disgregativi del tessuto economico e sociale.
Una interessante novità è quella introdotta col decreto sblocca-Italia nel 2014 dal governo Monti e confermata nel 2015 dal governo Renzi: il “Baratto amministrativo”.
Ovvero la possibilità di non pagare le tasse comunali arretrate ( ad esempio IMU e TARI ) dando in cambio il proprio lavoro. I lavori oggetto di baratto amministrativo, possono essere tutti quelli che il proprio Comune ritiene necessari per il territorio in un determinato momento: pulizia delle strade, manutenzione del verde pubblico e dei parchi, assistenza alle scolaresche, assistenza agli anziani ecc.
Secondo quanto stabilito dall’art. 24 della Legge n° 164 del 2014 “i comuni possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare. Gli interventi possono riguardare, come detto, la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano.” In base al tipo di intervento, tocca poi al Comune, secondo lo Sblocca Italia, a decidere se ridurre del tutto in parte alcune tasse. Le riduzioni sono concesse “prioritariamente a comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute”.
Tale forma di compensazione tributaria, sta prendendo sempre più piede. Perché da una parte i comuni non possono più aumentare una pressione fiscale già a livelli record; e dall’altra gli amministratori si trovano sempre più spesso di fronte a fasce deboli della popolazione oggettivamente non in grado di versare le imposte dovute nei tempi attesi.
Proprio per questo, sempre più amministratori comunali scelgono di adottare tale forma di compensazione, regolamentandola per renderla applicabile al proprio contesto.
Il baratto amministrativo è su base volontaria: mi impegno a prestare una determinata opera di interesse prettamente pubblico, ad esempio, tener pulito il verde attorno il Palazzo Mediceo, invece di versare l’imposta sui rifiuti.
L’ aspetto davvero interessante, è che l’amministratore potrà spaziare tantissimo nella individuazione dei lavori utili tra i quali scegliere per ottenere tale vantaggio. La norma di legge, in effetti, lascia alla regolamentazione comunale la possibilità di stabilire le modalità e i limiti di intervento che possono essere proposti da cittadini e associazioni. I regolamenti comunali, devono fissare i limiti di reddito imposti per l’accesso al baratto amministrativo; i tributi che possono essere oggetto di tale compensazione tributaria e il valore della singola ora di lavoro conferita dal cittadino per compensare i tributi individuati.
Il baratto amministrativo è già operativo in diversi comuni italiani . Il primo ad adottarlo è stato Invorio (provincia di Novara) che l’anno scorso ha varato il regolamento comunale.
Esso prevede la possibilità per i cittadini di proporre un progetto di pubblica utilità al Comune con l’obiettivo di essere remunerati attraverso il taglio del debito fiscale verso l’ente medesimo. Altre esperienze in tema di baratto amministrativo sono ai nastri di partenza in alcuni comuni della Sardegna come Oristano e della Calabria. Ma il caso più importante è certamente quello di Milano. Dove il reddito per accedere al baratto è fissato in 21,000 euro e dove un’ora di lavoro vale 10 euro.