“I Vini di Indovino” – Il sommelier recensisce il Galluccio bianco di Roccamonfina

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Galluccio Bianco DOP, Petratonda, Porto di Mola, 2014

L’Azienda Agricola Porto di Mola fu fondata nel 1988 dalla famiglia Esposito, la cui tradizione vinicola risale alla fine dell’800. A ridosso degli anni ’90 Giuseppe Esposito, il fondatore, rileva un fondo di 325 ha tra le colline di
Rocca D’Evandro e Galluccio: una zona particolarmente vocata alla viticoltura per morfologia del suolo e microclima.
Ci troviamo all’interno del Parco Regionale di Roccamonfina, sul versante nord-est del vulcano, ad 1 Km dal fiume Garigliano. Era proprio qui che sorgeva un importante porto commerciale dal quale i Romani esportavano i vini e gli oli della “Terra di Lavoro”. Di qui il nome dell’Azienda (Porto di Mola) che trae spunto dal trascorso storico.
Il fondo inizialmente era di proprietà del Duca fiorentino Velluti Zati, che vi aveva fatto impiantare 27 ha di vigneto con un sistema di allevamento a tendone per favorire una produzione di tipo quantitativo.
I vitigni impiantati erano sangiovese, ciliegiolo e merlot che però non seguivano un’ordine logico nè all’interno del filare stesso, che tantomeno tra una vigna ed un’altra.
Il riconoscimento della “D.O.C. Galluccio” nel 1997, unitamente al fatto che le diverse varietà avevano periodi di maturazione totalmente diversi e causavano problemi sia in raccolta che durante i trattamenti fitosanitari, spinsero Giuseppe (sotto lo gli stimoli del figlio Antimo) alla totale conversione dei vigneti.
La scelta ricadde su varietà autoctone campane quali l’aglianico amaro (localmente diffuso) e la falanghina (biotipo beneventano), che ottemperavano al disciplinare di produzione.
Il sistema di allevamento passò a sua volta dalla pergola alla spalliera, con relativo infittimento d’impianto, sancendo un netto cambio di rotta col passato.
Il merito fu della lungimiranza di Antimo che, fin dai primi momenti, ha voluto puntare tutto sulla qualità affidandosi all’enologo Maurizio De Simone, da sempre innamorato di questa “terra di confine”.
Nel corso degli ultimi anni il vigneto è passato dai 25 ha di fine anni ’90 agli attuali 45, con l’aggiunta di altre due varietà rigorosamente campane quali il fiano ed il greco, mentre la vecchia cantina è stata rimpiazzata con un’ampia ed accogliente struttura dotata delle più moderne ed efficienti attrezzature.
L’attuale conduzione enologica è affidata a Davide Biagiotti, supportato dall’agronomo Franco Mancini.
Di seguito vi riporto le mie impressioni sul Petratonda.
E’ un vino ottenuto dalla vinificazione di Falanghina in purezza, allevata su suolo vulcanico con matrice argillosa e
rese di 80 q/ha.
La vinificazione avviene esclusivamente in acciaio, con permanenza sulle “fecce fini” per 8 mesi circa.
Successivamente il vino subisce un illimpidimento statico a freddo prima dell’imbottigliamento, a cui segue un’ulteriore sosta in vetro di 4 mesi prima della commercializzazione.
Alla vista si presenta con una vivida e carica tonalità paglierina, ben composto nelle rotaezioni del calice.
Sprigiona profumi intensi di frutta esotica ed a pasta gialla non perfettamente matura, come l’ananas e la nespola, una forte mineralità di fondo e richiami di ginestra ed erbe balsamiche.
Il sorso è d’impatto, teso e moderatamente caldo, sorretto da una grandissima freschezza e sapidità.
Complessivamente è ben equilibrato, con una lunga e piacevole chiusura che richiama le note fruttate ed erbacee.
Ho avuto modo di apprezzare il Petratonda in un calice di media grandezza, intorno ai 12°C.
Personalmente lo abbinerei ad una buona Mozzarella condita con un filo d’olio extravergine dal fruttato medio ed una leggera macinata di pepe.
Rubrica a cura di: Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia, Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina