Ancora una volta il percorso storico-archeologico delle visite nelle località campane, si intreccia con quello naturalistico. Siamo giunti alle falde di uno dei vulcani di cui la terra campana è ricca: si tratta del Roccamonfina, uno stratovulcano spento ormai da circa 50 mila anni. Oggi è uno stupendo Parco Naturalistico, avvincente per molti aspetti, che merita una trattazione a parte.
Visiteremo virtualmente una località situata alle pendici meridionali del Roccamonfina: Sessa Aurunca, primo comune per estensione della provincia di Caserta, in cui la popolazione è parcellizzata in ben 46 frazioni oltre al capoluogo. Il territorio comunale, ricchissimo dal punto di vista storico-archeologico, giunge fino al mare con quello che in passato era detto “Pantano di Sessa”, per alludere ai terreni paludosi che giungevano fino alle rive del Mar Tirreno.
Questa parte di territorio sessano era caratterizzato da un litorale basso e sabbioso, in passato erano presenti dune e fasce retrodunali tendenti naturalmente all’impaludamento, con la formazione di laghi costieri e pantani, poi prosciugati e bonificati in epoca fascista. Il retroterra, attraversato da corsi d’acqua che originano dal fiume Garigliano, è ricco di numerose specie arboree quali leccio, pioppo, carpino, carrubo, vari tipi di pino, cipresso, lentisco, erica e altre specie appartenenti alla macchia mediterranea.
Quest’ambiente, conservatosi intatto per millenni, divenne oggetto di compravendita nel 1963, quando il consiglio comunale di Sessa lo vendette a una società veneta per realizzarvi un ambizioso progetto che, accanto alla realizzazione di villini, alberghi e infrastrutture varie, prevedeva di fare di Baia Domizia la meta di un turismo d’élite. Le cose andarono inizialmente bene, anche se il progetto non fu del tutto completato e la zona divenne meta turistica alla moda, in concorrenza con la Costiera Amalfitana e Capri.
Ma ancora una volta la politica fu capace di dare il peggio di sé (allo scopo si può dare una scorsa a“ Dossier Baia Domizia, uno scandalo democristiano” di S. Bertocci): affari e tangenti si sprecarono. Qualche anno dopo la nascita di un nuovo comune (Cellole) complicò la situazione amministrativa, mentre la crisi economica avviava al declino la località balneare, aiutata in questo dagli effetti del terremoto del 1980 e del bradisismo flegreo (requisizione di alberghi e case), che frenarono ulteriormente le attività turistiche. Oggi le stesse attività sono in lenta ripresa.
Vorrei poter scrivere che il territorio ha conservato nel tempo la bellezza originaria, con la lussureggiante vegetazione di macchia e la pineta caratteristica della zona, che ho impressa nella memoria della mia infanzia. In realtà l’area è stata completamente sfigurata dalla speculazione edilizia per poter richiamare l’ambiente del passato e sicuramente la Dea Marica, che qui aveva un lucus (bosco sacro) a lei dedicato, se la prenderebbe a male se le si dedicasse un lembo di Baia Domizia.
Ma Sessa Aurunca, per fortuna, conserva l’antica bellezza e molto del proprio glorioso e lungo passato: anfiteatro, ville d’otium e rusticae, criptoportico, Ponte degli Aurunci, oltre al Castello altomedioevale e numerose chiese, alcune poste a controllo delle porte d’ingresso in città.
L’antica Suessa fu avamposto degli Aurunci nell’VIII° secolo avanti Cristo e alla loro sconfitta da parte dei soliti Romani, nel 340 e nel 315 a. C., divenne importante e indipendente colonia romana, con propria giurisprudenza, magistratura e moneta.
Il bel Ponte Roncolo o degli Aurunci, con la sua fisionomia a “schiena d’asino” e le sue 22 arcate, sorrette da pilastri di 15 metri ognuno, è il più importante e meglio conservati dei ponti romani della Campania, realizzato nel II secolo d. C. per collegare Suessa con la via Appia e Sinuessa.
Anche l’Anfiteatro è uno degli edifici più imponenti costruiti in Campania in epoca romana, con i grandiosi e preziosi reperti ritrovati testimonia il grande interesse nutrito da questi per la nostra regione. L’edificio, in parte costruito e in parte appoggiato alla collina, ha un diametro di m.110, e poteva ospitare fino a 10 mila spettatori, con un edificio scenico di 40 m. impostato su tre ordini sovrapposti di colonne. La scena era adorna di ogni tipo di marmo prezioso, proveniente da Carrara, Atene e dalle isole greche, foggiato in forma di colonne, capitelli, architravi, fregi vari e statue stupende, come quella di Matidia Minore, cognata dell’imperatore Adriano e zia del suo successore Antonino Pio, che qui investì grosse cifre a fini autocelebrativi. Infatti l’edificio, colpito da un terremoto, fu restaurato, senza badare a spese, proprio da quella Matidia di cui si conserva una bella statua in marmo policromo nel Museo, ospitato dal Castello, insieme alle statue di Matidia Maggiore, Sabina, Plotidia. Bello anche il criptoportico (corridoio coperto, destinato al passeggio), articolato in tre bracci e diviso in due navate, coperti da volte a botte, scoperto e scavato dal grande archeologo Amedeo Maiuri.
Da ricordare, fra l’altro, che l’antica Suessa fu terra natale del poeta Gaio Lucilio, importantissimo autore satirico latino, che dedicò le sue energie alla codificazione dell’unico genere letterario profondamente romano, appunto la satira, lasciando 30 libri, di cui purtroppo rimangono solo un migliaio di frammenti.
Il Castello medioevale, antica fortezza risalente al 963, come risulta da antichi documenti, fu la sede di redazione di uno dei più antichi documenti in volgare: il placito di Sessa. Di questo periodo, però, non è rimasta traccia nell’architettura. L’attuale impianto architettonico risale a una ricostruzione dei Normanni, per i quali ricopriva il ruolo di castrum (fortificazione) ma anche di palatium, residenza di corte, arricchito da torri angolari per poter assolvere validamente il suo ruolo difensivo. In seguito sono stati aggiunti portali, porticati, bifore ed altri elementi decorativi dai proprietari subentrati nei secoli successivi. Ristrutturato nel 2000, è adibito oggi a ricco Museo archeologico del territorio.
Tante le vicende che videro Sessa in auge o in ribasso, nel corso dei vari eventi storici che la interessarono, dall’abbandono durante la guerra greco-gotica, fino all’entrata nel Ducato di Benevento in epoca Longobarda, inglobata nel Principato di Salerno e successivamente nella Contea di Capua.
Ricca e intrigante la storia del luogo, bella e variegata la natura, inutile ribadire che anche questa interessante località andrebbe maggiormente valorizzata e meglio inserita nei percorsi turistici della nostra stupenda regione.